“Tra noi non servono i discorsi, con me non ha segreti e non potrebbe averli, perché glielo leggo negli occhi ciò che pensa, non abbiamo bisogno di parlare: noi due ci capiamo al volo, ci leggiamo nel pensiero. Dal modo in cui mi saluta quando rientra a casa, riesco a intuire se ha avuto una buona giornata o meno. Nel caso in cui si diriga a passo svelto nella camera da letto sbattendo la porta, senza neppure chiedermi cosa ci sia per cena, capisco che non è aria, non ci provo nemmeno a imbastire una conversazione, sarebbe un tentativo inutile. Passerà. Tutto tornerà come ieri. La porta si aprirà e sarà come se niente fosse successo.”
E invece qualcosa è accaduto: è stato posizionato l’ennesimo mattone nel muro di silenzio che divide e separa.
Diamo sempre per scontato che le persone non cambino, che non si adeguino al mondo esterno, agli eventi e alle circostanze; che non evolvano, che non involvano, che rimangano immutate e scontate nel tempo, come le abbiamo lasciate l’ultima volta in cui abbiamo trovato il tempo e le energie necessarie per scovare un canale di comunicazione, in mezzo ai mille comodi mutismi di ogni giorno.
Tendiamo a trascurare il bisogno dell’anima di parlare e gridare, soprattutto nelle persone più vicine: quelle che fanno parte della nostra zona comfort, in cui ci sentiamo a nostro agio, con la situazione sotto controllo, lontani da stress, ansia e preoccupazioni. Ci teniamo tutto dentro, rischiando di scoppiare, pur di nascondere a chi ci è accanto le nostre debolezze, fingendo di essere forti, superiori a tutto, disinteressati a certe quisquilie.
Quanto è più facile parlare con gli estranei! Forse perché, non conoscendo il nostro passato, le nostre gesta poco prodi e il nostro cuore affaticato, non sono in grado di giudicarci: di fronte chi non ci conosce siamo tutti senza macchia, senza paura e poco noiosi.
Ma un estraneo non sa niente di noi, a quella persona le nostre parole non interessano davvero, non gli sono utili, né necessarie. Si dimenticherà di noi non appena avrà voltato l’angolo, il viaggio in treno sarà finito o arriverà il suo turno e lascerà vuoto il posto accanto a noi nella sala d’aspetto. In un attimo saremo di nuovo soli con i pensieri, i problemi e le paure di ogni giorno.
Pertanto, anche se è più difficile e complicato, sarebbe meglio parlare con qualcuno che torna, che resta e che c’è. Ce lo diceva anche la mamma, tanti anni fa, fra le mille raccomandazioni che precedevano le nostre prime uscite autonome: “Non parlare con gli sconosciuti!”.
E quindi, che tu sia mio figlio, genitore, compagno o amico, parla con me, trova il tempo per farlo: non mettere il silenzio fra noi.
Parlami anche se la giornata è quasi finita e hai già detto tutte le parole. Parlami ironicamente, se vuoi, così che io possa far finta di credere che si tratti di uno scherzo, qualora le cose dette dovessero essere troppo dure. Parlami come fanno i bambini, quando si coprono la bocca con la mano, per non far sapere agli spioni i propri segreti. Parlami, così che io possa capire. Parlami prima che sia troppo tardi, prima che tutte le parole non dette si mettano fra noi, facendoci perdere di vista.
Parlami di sciocchezze: parti da quelle, che sono le più facili da dire. Parliamo del tempo, del nuovo negozio che hanno aperto in città, di una notizia di gossip e del film appena uscito, che sarebbe bello vedere insieme. Parlami degli altri, per arrivare a noi. Parlami di quello che pensi la sera prima di addormentarti o quando ti sdrai sul prato, segui il volo delle nuvole e viaggi con loro. Parlami quando non hai voglia di farlo e ti rintani nella caverna ad aspettare la soluzione oppure il letargo di ogni problema.
Dimmi quello che non riesci a dire, perché è troppo grande e ti fa paura. Dimmi quello di cui ti vergogni, perché credi sia un pensiero troppo sciocco, debole o brutto. Ti spiegherò che è normale averli, perché siamo solo esseri umani. Ti insegnerò a gestirli e a farne il tuo punto di forza. Parlami. Non lasciarmi sola con le mie domande, altrimenti toccherà a me dare le risposte e le mie parole saranno sicuramente più dure delle tue, ma più leggere di un silenzio vuoto.
Parlami quando non ho voglia di ascoltarti e me ne sto in un angolo arrotolata su me stessa. Parlami quando ti dico tutte quelle balle: “Bene”, “Niente”. Dimmela tu la verità, tanto lo so che sai come sto e cosa ho fatto. Dimmi tutto partendo dal principio. Io me ne starò immobile e zitta, come se non stessi ascoltando, come se non mi importasse, invece berrò ogni parola, credendo ciecamente a tutte, perché io credo sempre a tutto: è uno dei miei difetti, è uno dei miei pregi.
Parlami, prima che sia troppo tardi. Parlami, perché non è mai troppo presto. Parla con me.
gRaffa
Raffaella Di Girolamo
Cuore.