C’è un Senso nelle cose.
Per quanto abbiamo abdicato ad esso, decostruito le ideologie e i valori che ci avevano guidato fino ad oggi, per quanto obsoleto, ipocrita e strumentalmente falso potesse e possa apparirci l’appello ai diritti, per quanto fosse da tempo venuto il Tempo di smetterla di reiterare bugie e cominciare a rimettere in moto energie, per quanto avvertissimo il bisogno di cambiare tutto.
Il Cambiamento era ora cominciasse. Il Contesto può – e deve- cambiare perché l’Evoluzione non si ferma, ma il Senso no.
Il Senso non cambia.
E’ connaturato alla nostra essenza, a “quel fatti non foste” che il Poeta ha scritto nel nostro stesso dna, spingendoci a rimettere costantemente in gioco il castello di verità in cui in ogni momento della nostra storia ci siamo rifugiati, per esplorare il mare oltre l’orizzonte.
Che Itaca ci stesse stretta era chiaro da tempo. Che, ci fossimo adagiati nelle nostre comodità più illusorie fin nella più ristretta nicchia, ripetendoci che il Tempo si fosse fermato. Ma la nostra condizione non è la Stasi, sinonimo di morte, piuttosto la tensione costante e continuamente accesa verso l’Equilibrio, che è la vita.
Non serve una legge per distinguere cosa sia positivo e cosa no, cosa ci regali energie vitali che ci ricarichino come cellulari con le loro usb, e cosa invece ci deprime, togliendocene. Il Senso è una legge non scritta che ci fa distinguere, poco importa se acculturati o ignoranti, potenti o schiavi, ricchi o poveri, cosa realmente ci fa bene, spingendoci, anche bendati, incatenati o reclusi che possiamo essere, a superarci.
Ci offre la consapevolezza, il Senso, senza nemmeno bisogno di studiarne le regole, di cosa sia “umano”, ovvero ci attiri all’Empatia che ci fa evolvere da cosa invece ce ne allontani. Dandoci così il metro nel giudizio in grado di interpretare il momento, quando il Potere vuole appropriarsi del Senso, scrivendone le regole più strumentali, accaparrandoselo a suo servizio o ribaltandolo per sostituirsi a chi l’ha preceduto.
Solo per appecoronarci al suo volere, banalmente perché divisi, isolati ed in conflitto siamo, dalla notte dei tempi, più fragili e manipolabili.
Più svuotati di energia.
Ora, connazionali, estranei, amici e fratelli, probi, onesti o malfattori, pacifisti e violenti, comunisti, fascisti fino ad ogni punta di stelle, vi faccio una domanda:
la foto di questo signore, bendato e legato, dietro quel primo piano di divise e manette, chiunque sia e fosse lui o chi scatta la foto, qualunque età abbia, qualsiasi orrendo delitto abbia potuto compiere ciascuno dei presenti a cominciare da lui che ha la testa bassa in segno di resa, chiunque sia il giudice o l’accusato, qualsivoglia il luogo in cui si svolge la scena e qualunque la legge che lo governi,
a senso vi chiedo, anzi no, a istinto, di getto, a occhi chiusi:
a voi suggerisce possa evolverci o deprimerci?
p.s.: Se la risposta è ci evolve, fermatevi. Chiudetevi per un mese in un posto vuoto e isolato dal mondo, e pensateci. E’ sbagliata.
Antonio Pizzola
Ci penso … Ma penso anche al volto della moglie del Carabiniere morto con 11 coltellate ,penso ,11 coltellate … cosa sia giusto non so… ma ci penso..
Io, il punto credo sia proprio nella tua indecisione. Se metti in relazione l’orrendo delitto che si suppone abbia compiuto questo ragazzo qualsiasi sofferenza gli sia inflitta ci risulta istintivamente incommensurabile e per questo quasi lecita. Ma qui si chiede altro, di estrapolare questa immagine dal suo contesto specifico, come a guardarla fra sei mesi, lontani dalla cronaca imperante nei media in quei giorni, provando a misurare la nostra reazione a meno delle azioni che l’avrebbero generata. Senza nemmeno il bisogno di chiedersi cosa avrà fatto per meritare questo trattamento, perché il chiederselo è già cercare giustificazione all’ingiustificabile. In una caserma delle forze dell’ordine questa scena non deve essere possibile. Mai. Subito a seguire discutiamo del delitto, del personaggio e della pena che merita.