La metà di giugno è arrivata e i lavori promessi alle scuole Capograssi non sono partiti, come, d’altronde, non sono partiti quelli alle Masciangioli annunciati e riannunciati per metà marzo (ma davvero qui si è perso il conto), quelli al classico, alle Togliatti, alle Serafini e così via in tutte, che si dica tutte, le scuole che dovevano essere messe in sicurezza.
Se fosse una telenovela, sarebbe persino noiosa: che i colpi di scena, il dirigente che manca, l’appalto sbagliato, i soldi che non bastano, il progetto che non va bene, ormai, non sono neanche più tali; perché al Comune di Sulmona si è arrivati al punto che ci si può aspettare di tutto. Senza per questo doversi stupire.
Come definire, altrimenti, una città che trasforma un parco pubblico in una clinica-stalla per cavalli in riabilitazione (la storia di Tamburello è forse la più esilarante prodotta dall’assessore Tirimacco) e in un vespasiano a cielo aperto in centro città, la mancia di posizioni organizzative spacciata come riorganizzazione degli uffici e dove le gare d’appalto vengono sistematicamente turbate da gente che nulla ha a che fare con l’appalto stesso.
Era successo, come aveva denunciato il segretario comunale, già con il servizio di refezione scolastica, è risuccesso, ieri, con l’apertura delle buste per le offerte di spazi alternativi proprio per le scuole Capograssi.
In sede di apertura delle buste si presenta un sedicente comitato con una diffida alla mano, nella quale intima il Comune a non aprire l’offerta della società Sant’Antonio (una delle due, insieme al Cogesa, che ha risposto all’avviso) perché quell’edificio, dice il comitato, è stato già impegnato dalla Provincia per l’Itcg. Cosa non vera, oltretutto, non giuridicamente almeno.
Il segretario, che è stato costretto ad avocare a sé la presidenza della commissione (la solita storia del dirigente che manca), è andata comunque avanti ed ha ammesso entrambe le offerte, chiedendo chiarimenti relativamente al costo di allacci di luce e gas che non erano specificati nell’offerta. Se ne riparlerà lunedì prossimo, quando si spera le Capograssi avranno una destinazione per il loro trasferimento e, chissà, si potrà finalmente incaricare la ditta appaltatrice ad avviare i lavori almeno sulla scuola di via Dalmazia.
Ad essere favorita per l’individuazione della sede temporanea delle Capograssi, sembra essere la proposta della Sant’Antonio (e d’altronde la soluzione di Sviluppo Italia ha già messo in allarme le famiglie), l’edificio di via Mazzini, cioè, che era stato già visionato dall’Itcg, ma la cui trattativa, nonostante le pressioni della Provincia (che ieri ha chiesto tramite i suoi uffici ulteriori chiarimenti al Genio civile), sembra si sia arenata per le resistenze del preside. Il dirigente Di Paolo aveva chiesto infatti di avere la certificazione di classe 3 (edifici strategici) per poter entrare, operazione avviata dalla proprietà che ha eseguito i calcoli strutturali in attesa che il Genio civile dica la sua.
Ma è probabile che l’immobile venga prima fermato dal Comune che, d’altronde, ha dato tempo fino al 31 agosto per presentare tutte le carte.
Per l’Itcg, insomma, sembra che la telenovela sia destinata a continuare, o meglio sembra che le puntate saranno sospese in attesa che, chissà quando, si riesca a mettere mano alla sede di via Virgilia D’Andrea, chiusa dall’ottobre del 2014 e diventata nel frattempo, tra alberi abbattuti, erbacce e muri cadenti, un altro biglietto da visita simbolo del degrado delle scuole sulmonesi.
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