Salute pubblica la chiamano, di responsabilità dicono. Quattro assessori senza nessuna esperienza amministrativa alle spalle, gettati dall’oggi al domani nella bolgia di palazzo San Francesco, dove la macchina è rimasta senza benzina e senza ruote, che neanche un semaforo riescono ad aggiustare. Che anche volendo e potendo, davvero, non si riesce a capire come faranno a scorgere un orizzonte a cui puntare, già condannati, come sono, a durare fino all’autunno se tutto va bene. Messo che per quel tempo i neo assessori avranno capito la complessità delle ruggini e dei meccanismi della burocrazia di via Mazara, dove alla riorganizzazione è subentrata la disorganizzazione. La verità è che l’accordo Di Masci-Casini, la nuova maggioranza a mutazione genetica al Comune di Sulmona, destra e sinistra e centro, non ha nulla di salutare e nulla di pubblico. A qualcuno certo serve: al “Peddè” di Di Masci (che non è quello del resto della segreteria dimessasi in massa) per ricucire le ferite dell’urna e riorganizzare le fila e al sindaco a galleggiare ancora un po’, che quella fascia fa tanto pendant con la corona d’alloro; ad entrambi, ancora, a gestire cose e cosucce. Ma non alla città. Proprio no. Perché quello uscito dal patto del branzino (l’incontro innaturale tra Gerosolimo e Di Masci) è il frutto di un accordo politico senza visione politica, destinato a spegnersi, anche questo, nelle sue contraddizioni e soprattutto nella gestione del potere. Sulmona è arrivata allo stremo e per non ritrovarsi nel sempre peggio, nella storia del tiranno Dionigi e la vecchia di Siracusa, come avrebbe citato l’ex assessore Bencivenga (non abbastanza tecnico come Mariani per restare in sella), c’è un percorso lungo e faticoso da fare. E che questo percorso non prevede staffette, né deleghe, né accidia, ma richiede e pretende che tutte le forze della città, quelle nascoste e quelle che alle urne neanche ci vanno più, si rimettano in cammino, calzando senso civico (quello nobile e non travestito) e partecipazione autentica e attiva. Tornando a discutere e confrontarsi, a fare, a proporre visioni. Politica. Senza più delegare ai capi bastone, ai portatori di voti, quelli del posticino a tempo tre mesi e poi si vedrà, il proprio futuro.
La verità è che tutta questa triste storia ha messo in luce i limiti di tutti gli attori che fino a ieri hanno fatto sfoggio di “competenze e capacità” (dubbie) e di un senso della “politica” che farebbe rabbrividire tutti i padri fondatori della nostra Repubblica. Oggi siamo nelle mani di una “famiglia” che aiutata da amici ha messo le proprie bandierine un po’ su tutto il territorio, in stile Risiko. Il problema è che queste persone non sanno creare benessere collettivo ma solo consenso personale (con qualsiasi mezzo). Tutti gli altri sono solo comparse; gli stessi piddini che si dimettono in massa salvo retromarce repentine (vedi segreatario), o questi nuovi assessori che (ultimi dopo tanti rifiuti) accettano un incarico senza capire se in realtà possono svolgerlo (Ma è normale affidarsi ad altri per capire se ci sono incompatibilità?). Dall’altra sponda (anche se ormai è evidente che non ci siano più rive) la situazione non è migliore. Sembra rispianarsi la strada ad un ex sindaco che in tanti non sopportavano e che si è riscoperto del nord, e gli stessi civici gridano ancora territorio non sapendo che anche loro si sono venduti al forestiero.
Insomma come si dice nell’articolo non resta che sperare in un risveglio dei tanti che fino ad oggi si sono distaccati pensando di non volersi mischiare. Quelli che oggi sono sul campo purtroppo non sono credibili per risollevare veramente la Valle.