Ci sono state, è vero, le elezioni di mezzo: il voto e l’analisi del voto. Le ripicche e i ripensamenti, gli appelli e le preghiere. Però, a due settimane dalle dimissioni dell’assessore Angelone e dall’uscita ufficiale o quanto meno formale di Avanti Sulmona dalla maggioranza, il sindaco di Sulmona Annamaria Casini persiste in un imbarazzante silenzio. Come in un film già visto, quando un troppo orgoglioso Ranalli, nel 2016, non ebbe l’umiltà e la forza di chiedere aiuto. L’unico sforzo prodotto dalla Casini, infatti, che appare a dir poco risibile, è quello di un appello all’assessore a tornare in squadra, come se la sopravvivenza dell’amministrazione dipendesse dagli assessori che non votano, piuttosto che dai consiglieri che decidono. Non un incontro o una telefonata ai membri dell’assise, neanche ai suoi consiglieri in fuga: come se nulla fosse, insomma, il sindaco si avvia a sbattere contro un muro, portandosi dietro ovviamente la città. La prospettiva di un ennesimo commissario e la fine anticipata della sindacatura, come è stato negli ultimi venti anni. Centofanti, La Civita, Federico, Ranalli e ora Casini, chissà. Ci vorrebbe un sociologo, uno bravo, sussurra qualcuno, per capire i meccanismi incancreniti di questa comunità, ingabbiata tra l’essere troppo grande per vivere la solidarietà di un paese e troppo piccola per ragionare con gli schemi della politica di una città. Ora soprattutto che la politica è merce rara, ridotta a polvere di stelle dietro una cometa o al leader di turno. Mortificata dal sogno di un posto a tempo da spazzino. L’ambizione è il vero ingrediente che manca: un volo alto e sopra gli orticelli, l’aspirazione a ri-costruire una città nobile e laboriosa. In contatto e proiettata verso il mondo. E invece, su questo vuoto d’identità e di sogni, cavalcano, spesso per il solo gusto di farlo, i potentati dei singoli. Che giocano con le istituzioni e con la vita delle persone, come fossero a SimCity. Una settimana e poco più per decidere se anche questa esperienza è da archiviare o per capire se ci sono strumenti e prospettive per ripensarsi. Scegliendo una terza via se c’è o almeno un progetto per il futuro. Con un sindaco che non proferisce parola, che attende la sua sorte appesa al filo del burattinaio.
Burattina!