Morte del generale Conti, la famiglia: “Riaprite il caso”

Chiedono di riaprire il caso i familiari del generale Guido Conti. Lo fanno attraverso il loro legale Alessandro Margiotta, presantando opposizione all’archiviazione dello scorso 20 novembre ad un anno da una morte che, secondo la famiglia, è ancora da chiarire.

Il suicidio non sarebbe secondo loro compatibile con il profilo psicologico dell’ex generale e troppe sarebbero le ombre non illuminate relativamente ai giorni precedenti a quel tragico 17 novembre.

Il legale di Conti evidenzia così una serie di telefonate ricevute e fatte, messaggi e chiamate perse, avvenute durante quei giorni, fino al giorno stesso della morte e che non sono rientrate negli elementi di indagine o non sarebbero state sufficientemente approfondite. Con quella data spartiacque: l’8 novembre del 2017, quando dopo un vertice alla questura di Potenza, raccontano alcuni testimoni, Conti dovette sentirsi abbandonato dagli amici in divisa. A partire dal capo della squadra mobile, suo amico e figlio di un suo collega di corso, che da un giorno all’altro, quel giorno, lo avvolse da un gelo inaspettato. Conti chiede spiegazioni, litiga forse, vuole capire. Cammina per strada a Sulmona al telefono gridando e distratto e non si sa con chi stesse parlando.

Così come da chiarire ci sono le telefonate fatte al suo telefono da un’utenza intestata al comando dei carabinieri-forestali di Roma, numero che la procura non ha accertato a chi fosse in uso. E poi ci sono le dichiarazioni fatte a Sit da alcuni testimoni che non combacerebbero con gli elemnti raccolti, con i tabulati telefonici. E quella ancora fatta da un dipendente Total alla testata Primadanoi, qualche giorno prima, nella quale si parla delle strane dimissioni di Conti.

Ma non è tutto, perchè secondo i familiari del generale, non solo è da rivalutare l’ipotesi di istigazione al suicidio, ma anche quella di suicidio. Non convince la posizione del corpo ritrovato composto sotto la pianta sul monte Morrone e nulla si è più saputo, per niente approfondito, della Porche Cayenne cher alcuni testimoni dicono di aver visto in quella zona (ricordiamo chiusa al traffico) proprio intorno all’e 17,30, orario nel quale si fa risalire lo sparo del calibro nove alla tempia.

A chiedere giustizia e verità sono stati nei giorni scorsi anche i No Triv chel’8 dicembre in corteo in Basilicata hanno esposto uno striscione nel quale chiedono verità sui casi di Conti e Griffa, “suicidi di Stato”.

Tesi tutta da dimostrare, ma su cui, almeno, la famiglia chiede di indagare più approfonditamente. Ora starà al Gip decidere se respingere la richiesta di archiviazione della procura e ordinare nuove indagini.

 

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