Punto nascita, una condanna senza prove. Ecco i documenti ignorati dal ministero

E’ una relazione di tre pagine, ma molto precisa e con allegati, quella che la Regione Abruzzo ha depositato al ministero della Salute per sostenere la deroga alla chiusura del punto nascita di Sulmona. Una relazione firmata dall’allora dirigente del reparto Maria Recanati, nella quale si evidenziano le migliorie strumentali, si aggiorna la check-list delle cose da fare e soprattutto si evidenziano le difficoltà orografiche del territorio, indicando i tempi di percorrenza fuori dalla sostenibilità di una chiusura. Una relazione che il Comitato percorso nascite nazionale ha recepito solo in parte (quella meno favorevole al reparto sulmonese), sottolineando nel suo parere le criticità e tralasciando, ovvero omettendo e riscrivendo, il nodo fondamentale dei tempi di percorrenza.

Le contestazioni mosse dal sindaco di Sulmona e dalla senatrice grillina Gabriella Di Girolamo, che ha fatto un accesso agli atti per verificare i documenti presentati dalla Regione, sono così smentite dai fatti e l’assessore alla Sanità Silvio Paolucci, a ragione, rispedisce al mittente le accuse. Se il punto nascita chiuderà, insomma, sostiene Paolucci, non sarà per colpa della Regione Abruzzo, ma per una valutazione, completamente slegata dalla realtà e dagli atti prodotti, fatta dal Cpnn e recepita ad occhi chiusi dal ministero di Giulia Grillo, senza che nessuno anche e soprattutto politicamente abbia fatto notare le incongruenze.

“Si conferma, come indicato nelle check-list compilate e allegate – si legge nel documento -, la presenza in linea generale del PN di Sulmona, di tutti gli standard operativi e tecnologici di sicurezza”. Nel documento, a seguire, viene evidenziato, così come nella check-list, come le uniche cirticità siano legate alla carenza di personale che non permette di rispettare turnazioni adeguate agli standard europei. Ma è nei tempi di percorrenza che, stranamente e inspiegabilmente, la relazione fatta viene travisata dal Cpnn e quindi dal ministero: dopo aver evidenziato la particolarità orografica della zona montana, infatti, nel documento si legge che “la connesione tra i due ospedali, Sulmona e Castel di Sangro, necessita di circa 50-60 minuti di tempo con mezzi di soccorso; un eventuale trasporto verso il P.O. dell’Aquila, presidio di II livello, necessita di ulteriori 60-70 minuti di viaggio, oppure verso Avezzano, presidio di I livello della stessa Asl o verso Chieti, presidio di II livello di altra Asl abruzzese, necessitano di altri 40-50 minuti, in condizioni metereologiche ottimali”. I 60 minuti indicati dal Cpnn, sono in realtà e sulle carte presentate, quindi, dai 110 ai 130 minuti se si vuole raggiungere L’Aquila e dai 90 ai 110 se si vuole raggiungere Avezzano o Chieti. In condizioni ottimali e senza la possibilità, specifica il documento, di poter sempre contare su un servizio di elisoccorso se esistesse, viste le frequenti condizioni climatiche avverse.

Ignorati dal Cpnn e dal ministero, poi, i progressi fatti dal reparto sulmonese negli ultimi due anni e che pure erano stati messi nero su bianco: un incremento di nascite di quasi il 30% tra il 2015 e il 2017 e la riduzione dei parti cesarei “dal 47% del 2015, al 38,22% nel 2017, fino al 35,59% nel primo trimestre del 2018 e con un aumento del tasso di occupazione dei posti letto dal 21,6% nel 2015 al 33,26% nel 2017 fino al 35,78% nel primo trimestre del 2018”. Numeri, chiarisce la relazione, che potrebbero essere incrementati con una qualificazione ulteriore del punto nascita, a fronte di “una’analisi dei costi contenuti”.

Numeri, soprattutto, che il Cpnn e il ministero hanno ignorato, emettendo una sentenza di morte per il punto nascita di Sulmona che, evidentemente, si basa su indizi sommari e poche prove. E’ su questa debolezza sostanziale che il verdetto va ribaltato, sempre che ci saranno “avvocati” preparati e agguerriti in grado far sentire la propria arringa.

 

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