Ronci snocciola i dati drammatici della sanità abruzzese

Un dettagliato report dell’economista sulmonese Aldo Ronci scandaglia tutti i dati della sanità abruzzese nel periodo di tempo che va dal 2014 al 2017, lasso di tempo in cui ha operato la giunta D’Alfonso con assessore alla Sanità Silvio Paolucci. Un periodo non particolarmente felice, visto che la sanità nella nostra Regione è stata sotto commissariamento a causa dell’elevato debito e solo nel 2017 questo è tecnicamente terminato. La sanità continua a tenere banco dunque nel dibattito pubblico, solo sabato scorso a Sulmona si era tenuto un importante consiglio comunale straordinario per discutere della salvaguardia del punto nascite, dove erano intervenuti, al netto di alcuni assenti eccellenti, importanti esponenti della politica locale e regionale. Ad ogni modo i dati che mette in evidenzia Ronci non sono per nulla rassicuranti, il saldo netto fra costi e ricavi della sanità fa segnare una perdita di 69 milioni di euro. Nello specifico: costi 135.004.000 (+5,3%), ricavi 66.0001.000 (+2,5%) mentre la differenza tra costi e ricavi è di meno 69.003.000.

Gli altri dati segnano la diminuzione dei corrispettivi per ticket 7.565.000 (-18,3%), l’aumento della spesa farmaceutica 71.909.000 (+40,1%), l’aumento dell’acquisto di prestazioni di sevizi sanitari di 41.017.000 (+4,1%) compresa quella dai privati 35.798.000 (+9,1%), mentre i costi del personale subiscono un decremento di 12.680.000 (-1,7%). Per quanto riguarda la mobilità passiva interregionale, questa cresce di 10.383.000 (+4,6%).

Ronci entra anche nel merito delle cifre: “I corrispettivi dei ticket sanitari hanno subito una brusca flessione in quanto molti Abruzzesi hanno rinunciato alle prestazioni sanitarie per motivi economici; la spesa farmaceutica non è tenuta sotto controllo tanto è vero che, secondo l’AIFA, nel 2017 la spesa farmaceutica convenzionata è stata pari al 9,03% del fondo sanitario regionale rispetto al tetto del 7,96% fissato dal Ministero, dato che ha fatto realizzare all’Abruzzo il peggior risultato tra le Regioni Italiane; le prestazioni di servizi dai privati continuano a crescere in maniera troppo elevata; si è cercato di sopperire a questi incrementi troppo elevati di spesa con una contrazione del costo del personale non attuando il turn over peggiorando in questo modo la quantità e la qualità dei servizi sanitari”.

“Il livello dei servizi sanitari – continua ancora Ronci con l’analisi qualitativa dei dati – non sono soddisfacenti tanto è vero che la mobilità passiva continua a crescere e, secondo DemoskopiKa, nel 2017 l’indice di mobilità passiva ha posizionato l’Abruzzo al quart’ultimo posto della graduatoria nazionale; il costo del management della Sanità Abruzzese è alto tanto è vero che, secondo DemoskopiKa, nel 2017 l’Abruzzo è la quarta in classifica tra le regioni che spendono di più per costi della politica, ovvero per mantenere il management delle aziende ospedaliere, delle aziende sanitarie e delle strutture sanitarie”.

A queste riflessioni si aggiunge che la realizzazione del Piano di riqualificazione del Sistema Sanitario e il Piano di riorganizzazione della rete Ospedaliera ha determinato: il declassamento degli ospedali di Sulmona, Atri e Giulianova da ospedali DEA di 1° livello a ospedali di base (ad onor del vero va detto che prima i Dea di 1° livello non esistevano ancora); la chiusura dei punti nascita di Ortona, Penne, Atri e Sulmona (anche se quello di Sulmona non è ancora chiuso); il depotenziamento degli ospedali minori di Tagliacozzo, Pescina, Popoli, Penne, Ortona, Atessa, Gissi e Guardiagrele; la chiusura diffusa su tutta la rete ospedaliera di molti servizi sanitari. Dati inquietanti che mostrano come il diritto alla salute è stato pesantemente ridimensionato.

Questa sforbiciata dei servizi però non è stata compensata da una maggiore efficienza in quanto, come evidenzia sempre Ronci: “Le liste d’attesa hanno tempi sempre più lunghi per l’effettuazione delle prestazioni sanitarie e l’assistenza territoriale non è stata portata a termine”. Ronci traccia infine un bilancio sulla sanità e la definisce a tinte fosche perché: “Si ridimensiona drasticamente la rete ospedaliera, si incrementano alcune spese senza controllo, se ne aumentano altre che sarebbero dovute diminuire, si riduce il personale, aumenta la mobilità passiva in maniera vertiginosa, si continua a chiudere i bilanci in perdita, si riduce la quantità e si peggiora la qualità dei servizi sanitari soprattutto nelle aree interne”.

Savino Monterisi

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