Tra i boschi aperti al pascolo, specifica l’associazione, ci sono “vastissime aree coperte da boschi, compresi molti Siti di Interesse Comunitario, dove da decenni questa pratica era in generale vietata per ovvie ragioni ambientali e anche forestali ed agronomiche. Solo esplicite autorizzazioni preventive, con pianificazione e attente valutazioni di dettaglio- prosegue la nota-, potevano consentire l’accesso agli animali domestici, come previsto dall’Art.42 della Legge forestale regionale 3/2014”.
Tra boschi e praterie, infatti, il contesto ambientale cambia e di tanto per Soa perchè “cavalli, capre, pecore e vacche possono incidere gravemente sia sull’erosione del suolo, in genere scoperto, del bosco attraverso il calpestio sia sulla flora del sottobosco, spesso composta da specie rarissime (basterà ricordare l’orchidea Scarpetta di Venere simbolo delle faggete del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise)”.
“Quali sono le ragioni di questa scelta fatta senza Valutazione di Incidenza e senza considerare in alcun modo il potenziale danno alla biodiversità della regione? C’entrano per caso i fondi europei, come sono stati spesi e i controlli AGEA sui pascoli assegnati negli anni scorsi?”.
S. P.
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