A poche ore dalla decisione del giudice, attesa al massimo per domani, sulla eventuale scarcerazione o alleggerimento delle misure cautelari nei confronti della famiglia di etnia Rom accusata di usura e, per Sonia Di Rosa, anche di tentato omicidio e tentata estorsione, spunta tra le carte della difesa una dichiarazione rilasciata dalla vittima, la cinquantaquattrenne di origine rumena selvaggiamente picchiata il 19 settembre con una chiave inglese, che in qualche modo conferma la linea difensiva resa proprio dalla Di Rosa. E cioè che la lite possa essere scoppiata per gelosia, o almeno anche per gelosia.
Si tratta di una testimonianza fatta nel 2015 a sommarie informazioni da parte della vittima nel corso delle indagini relative ad un altro giro di usura che vede indagata parte della famiglia Rom coinvolta negli arresti di martedì scorso.
“Devo precisare che da circa sei anni – diceva il 22 settembre di tre anni fa la gestrice dell’autolavaggio rimasta gravemente ferita il mese scorso a seguito dell’aggressione – ho una relazione sentimentale con Bruno Spinelli (marito della Di Rosa, anche lui arrestato martedì scorso, ndr). Dal 2009 al 2011 è stata una relazione intensa, anche sessuale, dopo di che mi sono allontanata e attualmente dal 2011 al 2015 la relazione prosegue in modo molto meno intenso, tuttavia abbiamo incontri intimi occasionali, o fuori Sulmona, o presso la mia abitazione, circa due volte al mese”.
Insomma quel “me lo voleva portare via” che Sonia Di Rosa ha detto al giudice per motivare la sua lite nell’autolavaggio, non sarebbe del tutto inventato. O almeno potrebbe non essere solo l’usura il motivo della loro lite (la Di Rosa nega comunque di aver colpito la donna con una chiave inglese).
In realtà, almeno per la Di Rosa, potrebbe trattarsi di un’arma a doppio taglio, perché la testimonianza della vittima resa tre anni fa evidenzia o evidenzierebbe (ma non si sa quanto sia attendibile o indotta anche questa di testimonianza) un atteggiamento benevolo di Bruno Spinelli nei suoi confronti: prestiti fatti sì, dice, ma senza richieste di interessi e minacce. Cosa che, sempre stando al racconto della donna, faceva perdere invece le staffe alla moglie di Spinelli.
“Credo, proprio in virtù della nostra amicizia particolare – continua la rumena nella sua deposizione -, che Bruno non mi ha mai chiesto denaro in più, se si è mostrato insistente è solo perché la moglie Sonia insisteva affinché mi chiamasse o perché aveva lui qualche esigenza economica particolare, altrimenti mi lasciava tranquilla, sono passati anche tre mesi senza che io restituissi nulla”.
La testimonianza resa dalla vittima è successiva al prestito di 3mila euro che la famiglia Rom avrebbe fatto alla donna nel 2014 e che, secondo l’accusa, avrebbe ripreso in quattro anni con interessi del 20% al mese per un totale sborsato di 19mila euro in quattro anni. Del prestito in questione, però, la vittima non fa menzione in questo interrogatorio, limitandosi a citare esborsi di denaro molto più modesti (di qualche centinaio di euro).
L’attendibilità della testimonianza di tre anni fa è certo tutta da verificare, ma è comunque una carta in mano alla difesa che si trova ad affrontare accuse pesantissime nei confronti dei quattro arrestati.
io manderei a casa i responsabili dell’anticrimine… non è possibile che succedono queste cose e cadono dalle nubi. non che sia colpa loro ma a Sulmona è uno schifo da anni ormai. le forze dell’ordine sono troppo statiche forse perché radicate sul territorio. dovrebbero inserire personale non nato a Sulmona!!
Il bello è che i primi a sapere della dichiarazione della rumena sono proprio il g.i.p. Marco Billi e il sostituto procuratore Stefano Iafolla(nato a sulmona) poichè le dichiarazioni sommarie in cui sono emersi questi avvenimenti provengono da indagini fatte da loro stessi…adesso mi viene da pensare se ci fanno o ci sono!?!
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