Due giorni al Vittoriale degli italiani tra Ovidio e Gabriele D’Annunzio: un’esperienza sul campo quella fatta dal liceo classico Ovidio di Sulmona di ritorno da Gardone Riviera dove gli studenti hanno partecipato a reading e incontrato il presidente della Fondazione Giordano Bruno Guerri. Un’esperienza indimenticabile che al Germe la racconta una delle protagoniste, Giorgia Carchesio.
Una poesia fatta non di parole, ma di pietre e infiniti suppellettili, un’opera d’arte scritta non con i versi, ma attraverso stanze e aneddoti ricchi di fascino: questo è ciò che il nostro poeta abruzzese ha voluto regalare al suo popolo italiano. Sì, perché il Vittoriale è l’ultima grande opera che d’Annunzio ha lasciato come memoria di sé, monumento imperituro della sua grandezza poetica: un capolavoro che non avrebbe mai potuto riservare esclusivamente ai suoi eredi più stretti, ma degno di essere rivolto a tutti gli Italiani. Ci ha regalato così la possibilità di visitare le sue stanze stracolme di ninnoli e oggetti, sistemati sotto titoli e motti latini; di vedere grandi tomi della tradizione, conservati sotto soffitti dal gusto monastico; ci ha concesso l’opportunità di cogliere le contraddizione del Vate, che, associando il sacro al profano, crea un culto nuovo, sincretico, di cui si propone egli stesso come guida.
Interrogando il presidente Giordano Bruno Guerri sulla sua passione per questo grande personaggio pescarese, non poteva che risponderci sottolineando quanto il genio dannunziano sia troppo grande per non lasciare impressa, nell’animo di chi vi si avvicina, un’emozione destinata a permanere. L’arredamento del Vittoriale esprime al meglio la fortissima inclinazione del Vate al bello, che trovava realizzazione in un’originalissima concezione di vita, prima ancora che nella poesia. Raccontandoci delle sue mansioni al Vittoriale, alla cui guida è ormai da dieci anni, Guerri ha messo in luce il grande impegno necessario alla manutenzione di un monumento di tale rilevanza, ma soprattutto la necessità di diffondere la cultura di un uomo che, nella sua unicità, si dimostra attualissimo e nello stesso tempo capace di rimodellare temi di tradizione classica. È impossibile non notare l’influenza ovidiana nei suoi testi, da cui riprende forme e contenuti, pur inserendovi sempre parte del proprio enorme ego; un ego che, proprio a causa dell’ infinita grandezza, sembra impossibile separare dalle sue opere. Guerri ci invita caldamente a leggere gli scritti di d’Annunzio, perché capaci di farci cogliere al meglio l’immensa quanto contraddittoria profondità del Vate, troppo spesso banalizzato nei termini, quasi macchiettistici, d’un protofascista decadente. Il presidente del Vittoriale sembra suggerirci di accostarci il più possibile a capolavori di tale imponenza, quali testimonianze della storia, della memoria e imperituro insegnamento di vita. E bisogna accostarvisi con la consapevolezza di avere tra le mani scritti che hanno segnato le epoche, hanno rifondato il modo di concepire la letteratura pur affondando solide radici nel mondo classico, di cui recuperano valori e temi immortali, poiché attuali in ogni tempo.
Giorgia Carchesio
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