A volte mi chiedo come mai io abbia sempre l’istinto di sorridere e cantare, anche quando le cose vanno male. Soprattutto quando le cose vanno male.
Mio figlio dice che vivo d’ebbrezza, che probabilmente mi drogo inconsapevolmente, perché è impossibile che sia sempre allegra.
Il fatto è che non sempre si canta perché si sta senza pensieri.
Spesso si canta per evitare di ragionare sui guai, tenendo impegnata la mente con la ricerca del testo giusto, tra i mille memorizzati nel corso della vita.
Io non sono sempre allegra.
Sono come lo spartito di una sonata: allegra ma non troppo, andante moderata, adagio con brio, solenne cantabile.
Mi sento come quelle vecchine al mercato, che vendono i prodotti del proprio orto con semplicità e a prezzo contenuto.
Sedute in silenzio e pazienti come ragni, attendono l’acquirente, poi pesano la merce con un’antica bilancia manuale, facendo scorrere il peso equilibrante sull’asticella, fino ad ottenere la stabilità con gli ortaggi nel piatto.
Quando l’asta di metallo è in posizione perfettamente orizzontale, sorridono soddisfatte e sentenziano l’importo dovuto. Nessuno ha mai il coraggio di contestare quella cifra, poiché rappresenta il valore di qualcosa di prezioso, della fatica di un lavoro che è sostentamento, speranza e dignità.
Occorre sempre pesare bene ogni cosa, per non temere inutilmente di essere schiacciati da alcuni pochi grammi, che all’apparenza sembrano quintali.
Bisogna fare attenzione a dare il giusto valore a ogni cosa, in quanto ce ne sono alcune falsemagre che potrebbero piombarci in testa all’improvviso, con tutto il loro carico.
Non è facile destreggiarsi tra equilibri, leve, fulcri, grammi, chili e prezzi da pagare: occorre essere pazienti. Pazienti come ragni.
A certi sorrisi bisognerebbe fare l’applauso, perché nascono da tristezze spaventose, lasciate dentro migliaia di fazzoletti accartocciati.
Io non sono sempre allegra, men che meno ottimista o spensierata. Sono solo fiduciosa e soprattutto consapevole del valore di ciò che ho nel piatto della bilancia.
Ho ben presente la fatica impiegata a ottenere quel raccolto. Ricordo bene ogni pioggia rigenerante che ha innaffiato il mio orto e tutte le tiepide giornate di sole che lo hanno asciugato e scaldato, ma ricordo anche le grandinate, il gelo, la siccità e gli incendi devastanti.
Per questo non dimentico mai di controllare l’equilibrio della mia bilancia e sto bene attenta a dare il giusto peso a ogni cosa, scacciando a suon di sorrisi e canzonette le cornacchie e i corvi neri che potrebbero rovinare il mio raccolto.
Pussa via, sciò!
gRaffa
Raffaella Di Girolamo
Va andante tu…
Va annanze tu…