Secondo l’assessore alle Politiche sociali del Comune di Sulmona, Annarita Di Loreto, “l’efficacia del metodo di lavoro (cioè l’aver introdotto per le prestazioni sociali la compartecipazione lineare progressiva, ndr) porterà molti utenti dei servizi oggetto di compartecipazione che fino all’entrata in vigore del regolamento erano comunque tenuti al pagamento della quota, a far ora parte della categoria degli esenti e come tali non più tenuti al pagamento dei servizi erogati”.
Di Loreto fa riferimento ad “alcuni articoli di stampa” che avrebbero creato “equivoci”, facendo evidentemente riferimento anche alla notizia che Il Germe ha dato in anteprima.
Non si capisce bene però quale sia l’equivoco, visto che lo stesso assessore conferma che “l’amministrazione ha recepito i contenuti di un atto di indirizzo del Dpcm e della Regione” che è esattamente quanto da noi riportato nell’articolo citato, con l’aggiunta e la differenza, che l’assessore non menziona, che quelle stesse linee di indirizzo sono state recepite da altri Ecad fissando un tetto massimo alla compartecipazione (5 euro nel caso di Teramo ad esempio).
A Sulmona e nell’Ecad 4, invece, sopra agli 8mila euro di Isee, la quota di compartecipazione è interamente, seppur progressivamente in base alla fascia di reddito, sulle spalle dell’utente che arriverà a pagare, se ha un reddito superiore ai 36mila euro, fino a sette volte quello che pagava prima, anche perché lo stesso Ecad 4 facendo il bando ha alzato la tariffa fino a 22,50 euro (rispetto ai 13 e qualcosa di prima).
L’assessore non cita numeri e casi, ma si limita a sostenere che alla fine l’utenza è stata garantita e che anzi l’Ecad “ha assolto ad una delle sue funzioni fondamentali nell’ambito sociale, ovvero di tutelare le categorie più deboli e più svantaggiate economicamente”.
I numeri, a dire il vero, non li conoscono al momento neanche gli operatori del settore, che attendono la fine del mese per avere un report su quanti degli utenti serviti hanno rinunciato o ridotto le ore di assistenza. Certo è che almeno 3 dei 9 malati di Alzheimer di Sulmona (quindi un terzo dell’utenza ammessa) che prima non pagavano nulla per il servizio, si troveranno ben sopra la soglia degli 8mila euro e quindi costretti a pagare (da quanto ci risulta nei calcoli fatti dagli stessi utenti) circa 18 euro al giorno per i loro cari.
Per i disabili la questione è ancora più complessa, perché sotto soglia si registreranno, ricorrendo all’escamotage di fare nucleo famigliare a sé, solo i maggiorenni, mentre i minori dovranno restare agganciati al reddito delle loro famiglie. Calcolando che solo a Sulmona ci sono 53 disabili assistiti, sarà difficile garantire a tutti la prestazione gratuita a fronte delle 3 euro l’ora che pagavano prima.
Stessa cosa per gli anziani, che sono 40, che prima pagavano 6 euro e che oggi non pagheranno solo se sotto reddito di soglia, per arrivare a pagare, per le fasce più alte, 22,50 euro l’ora.
A questo si aggiunga il trasporto, anch’esso legato al metodo di lavoro progressivo e lineare, che linearmente porterà a pagare gli utenti sopra soglia fino ad 8 euro a corsa.
Ma il punto fondamentale è che l’assessore sostiene di garantire l’assistenza facendo “il conto della serva”, non analizzando in sé il nuovo regolamento, ma solo gli immaginati e prospettati effetti che avrebbe sull’utenza oggi.
A non funzionare, invece, è la struttura del regolamento e le ripercussioni che potrà avere anche in futuro. Non a caso ieri, al termine della riunione tenuta con il comitato dei sindaci dell’Ecad 4, gli stessi hanno “sollecitato il ministro per le Politiche sociali, la Regione e la senatrice sulmonese per finanziare i costi di tali servizi”.
Ma se tutto è coperto, perfetto e lineare, a cosa servono questi soldi?
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