Del tavolo di concertazione non si sa ancora nulla, in compenso a restituire l’Abbazia alla cittadina ci sarà anche il presidente della Regione, nonchè senatore di recente elezione, Luciano D’alfonso, che di venire a Sulmona sembrava non ne avesse più voglia con una campagna elettorale che nei mesi scorsi si è fermata nella periferia industriale della città per far visita ad un unico stabilimento. Ma tant’è. L’affezione tutta dalfonsoniana per l’Abbazia non è un mistero, lui che ha scelto di imbandirci a fine giugno scorso anche Fonderia Abruzzo perché un complesso di così fatta bellezza potesse esser ben noto a tutti, condito e decorato di tante parole e presunti progetti come Spirito d’Abruzzo. Dodici milioni sul Masterplan, così aveva detto nel 2015, ma dei quali ne sono arrivati in sede solo due.
E per di più bloccati perché per ultimare gli interventi nel Cortile dei Nobili e nel vicino campanile è ancora attesa (da luglio scorso in realtà) l’approvazione di una variante al progetto che vorrebbe metter le mani nel dettaglio anche sul campanile, una messa in sicurezza più meticolosa che con lo stop vale 7mila euro di impalcatura al mese circa a lavori fermi. Ma “il 60% è stato fatto” mentre dei restanti 10 milioni di euro non si capisce granchè, la palla da giocare spetta alla Regione che si occupa di programmazione, i Beni Culturali della Soprintendenza hanno provveduto alla sottoscrizione della convenzione con la quale si dà massima disponibilità, e non poteva essere altrimenti.
L’abbazia rappresenta, non per gioco, uno dei maggiori complessi storico-architettonici della regione dove sarebbero dovute confluire le storie provenienti dalle diverse parti d’Abruzzo tra sale espositive e luoghi di ristorazione chic come erano pensati, appunto, in Spirito d’Abruzzo. Un contenitore di incommensurabile bellezza che non esprime, ad oggi, le sue piene potenzialità con il servizio “visite guidate” fornito dai pochi addetti della Soprintendenza costretti ad aperture festive senza straordinari e la chiesa che sì, torna ad essere aperta al pubblico, ma non si sa bene in che modo. Di certo, date le premesse e la carenza di organico, diventa un problema aprirla di domenica per celebrare le funzioni religiose come si era anche ipotizzato. Per non parlare poi del fatto che si tratterà di una chiesa aperta a metà: la cappella dei Caldora, fiore all’occhiello, resta preclusa al pubblico. Tutti vizi della festa che qualche tempo fa la Cgil aveva portato all’attenzione dell’opinione pubblica auspicando un tavolo di concertazione con diversi enti, la Regione soprattutto, in modo da chiarire tutte le dinamiche della gestione, dai fondi al personale. Come da copione nessuno ha risposto all’appello, ma le maestranze sono pronte all’azione, lasciano solo un altro po’ di tempo visto una Regione con e senza presidente che probabilmente oggi più che a Fonderia potrebbe aver bisogno delle sue “ombrelline” per ripararsi da una pioggia di ortaggi. Chissà.
Simona Pace
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