“Ma a che serve ‘sta manifestazione, che cosa cambia. Tanto hanno già deciso”. La signora sulla quarantina con figlia piccola nel passeggino commenta la carovana che passa. Non è favorevole alla centrale lei e in fondo non sa neanche bene di cosa si tratti. Però è urtata un po’ da tutto quel baccano, dai negozi che hanno chiuso e che le impediscono lo shopping. Lei che è figlia degli anni Ottanta. Non vede l’ora che finisca questa invasione per poter tornare ai messaggi vocali da mandare sulla chat delle mamme. Quella della scuola, perché vuoi mettere l’educazione.
Savino a fine giornata invece non ha più la voce, ha gridato talmente tanto in quel megafono rimediato dal sindacato (e chissà da quanto tempo inutilizzato) dando i tempi e gli slogan alla folla che non gli resta neanche la forza di mandarlo un messaggio vocale sulla chat. E Cecilia che dal palco ha portato la voce dei giovani è così grande, lei che di anni ne ha solo quindici, che il mondo sembra a portata di mano.
I volti si riconoscono tra la folla, quelli noti degli attivisti che con le lacrime agli occhi e un orgoglio che avevano dimenticato, si sentono finalmente protetti dalla gente, dalla massa. Che non si era mai vista prima così a Sulmona e non si era vista certo nelle buie giornate trascorse in quattro o cinque, nella stanzetta del centro giovani o quando andava bene nell’auditorium che fu della biblioteca dell’Apc a studiare carte su carte, cifre e numeri, ossidi di azoto e ricorsi autorizzativi.
E quelli che non si conoscono, venuti da fuori, raccontano da sé una vita di lotta: gli attivisti No Tap che si sono fatti cinque ore di autobus dal Salento e che spiegano alla polizia perché non devono provocarli, raccontano le manganellate che si sono presi, l’esasperazione di essere considerati teppisti solo perché vogliono difendere il territorio.
E poi ci sono le famiglie, le madri e i padri, i figli e i nonni, la gente normale. Quella che si è svegliata o risvegliata. Che è lì per sentirsi parte di una comunità, per far valere la sua dignità. Perché in fondo, al di là della centrale e del tubo, quello che ha scosso la popolazione, la politica locale e persino la Chiesa, è il modo e il metodo con cui questa storia è stata gestita.
Quella dichiarazione di “strategicità” che passa sulle teste di tutti e di tutto, le firme messe a tempo scaduto, l’arroganza ostentata di chi, in una società in cui sono saltati tutti i principi della rappresentanza, si sente padrone di decidere delle sorti dei territori e di chi li abita.
Forse questa manifestazione non servirà a fermare la centrale, ma è servita certo a restituire a chi vi ha partecipato un pezzo della propria vita, la consapevolezza di esserci e voler esserci. Almeno di poterlo gridare, marciando lungo il cammino. Passo dopo passo a riappropriarsi del proprio destino, a prescindere da dove la strada porterà. Perché in fondo la “stessa ragione del viaggio è viaggiare” (guarda video – Manifestazione No Snam – nella sezione “de visu”).
Bella manifestazione e certamente una valida e dovuta risposta della popolazione asservita alla volontà di una società e della lobby affaristica ad essa connessa e qui per ragioni già espresse da tanti non ci sono da parte di SNAM e Governo ragioni che tengano.
Invece ciò che mi imbarazza è il notare la poca se non nulla diffusione a livello nazionale della manifestazione…. a parte le poche righe “a spot” sulle “ultima ora Abruzzo” dell’ANSA, di una intervista su radio radicale e l’UNICO ARTICOLO GIORNALISTICO uscito sulle pagine de IL MANIFESTO…
Anche sulla tv sempre a diffusione nazionale (ma mi posso sbagliare) nessun articolo…
Non vi lascia pensare la cosa?
Come mai questo silenzio?
Lelobby hanno dato il loro contributo alla manifestazione 😉 ?
https://bit.ly/2Hl82y5 da effettuare poi ulteriori ricerche sul sito
https://bit.ly/2Hl8dtf intervista su Radio Radicale
https://ilmanifesto.it/diecimila-in-piazza-a-sulmona-contro-lhub-del-gas/ Il Manifesto