Le segnalazioni si sommano l’una sull’altra, il problema delle liste d’attesa è duro a risolversi e la Asl non sembra curarsene a dovere. L’ultimo episodio è quello di un’anziana coppia di Sulmona alla quale, nonostante il codice di priorità sull’impegnativa, è stata fissata la visita colonoscopica oltre i 60 giorni previsti dalla normativa a tutela della salute. Il codice D prevede 30 giorni per le visite e 60 per le prestazioni strumentali.
I due, invece, potranno usufruire della prestazione solo a fine agosto né, tantomeno, è pensabile per loro affidarsi ad una struttura ospedaliera che non sia quella di Sulmona. Impossibile è, insomma, prepararsi all’esame ed affrontare un viaggio per loro troppo lungo per la sua effettuazione.
“Un problema che non si risolve a suon di proclami- dichiara l’avvocato Catia Puglielli, del Tribunale dei Diritti del Malato, rivolgendosi al direttore generale Asl1, Rinaldo Tordera-. Delle soluzioni vanno trovate, bisogna mettersi a tavolino”.
Altra storia, ma con lo stesso concetto di base, è quella degli anziani costretti a pagare di tasca propria i cosiddetti “presidi”, ausili tecnici che variano in base alle patologie, per ottenere i quali è necessario effettuare una visita medica. Se non si fa la visita entro termini stabiliti, o comunque entro la scadenza delle prescrizioni passate, non si ha diritto, in sintesi, alla fornitura di questi beni. Ne sono un esempio i pannoloni che vengano prescritti dal geriatra solitamente con una fornitura annuale. Se a scadenza, quindi, la visita dallo specialista viene fissata a mesi di distanza, nel periodo scoperto l’utente è costretto a pagarsi questi beni di tasca propria con un danno che, in taluni casi, può dirsi patrimoniale.
Come a dire: non è un paese per vecchi.
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