L’assemblea si scalda a fine seduta, quando è il momento di decidere le azioni da intraprendere, le proteste da mettere in campo. Perché loro, ingegneri, architetti, geometri e imprenditori, non sono “studenti”, né sindacalisti: è gente che non è abituata a scendere in piazza. Eppure questa volta “non se ne può fare a meno”: la situazione di paralisi che si è creata al Comune e che non sembra avere nell’immediato, ma neanche a breve termine, via d’uscita, è di quelle che non si sopportano più.
Lo dicono i conti in rosso, gli interessi che crescono, gli operai che vengono rimandati a casa, i cantieri sospesi.
Con decine di milioni di euro in cassa, Sulmona, non riesce a ripartire perché la burocrazia e l’inefficienza amministrativa è arrivata al paradosso, con uffici chiusi e pratiche ferme e sopratutto, con “la politica che ignora noi e il problema che si è creato”.
La linea morbida, quella delle richieste istituzionali, degli ordini del giorno da portare in consiglio, alla fine viene superata: si va verso una manifestazione in strada, con ruspe, camion e persone da portare fin sotto al Comune per reclamare una città normale, o almeno che si avvicini alla normalità.
Il dettaglio di come e quando fare sarà deciso da una commissione formata da rappresentanti delle singole categorie che si riunirà giovedì prossimo e che potrebbe decidere di scendere in piazza già il prossimo fine settimane.
“Non c’è più tempo, il tempo è scaduto” dicono tutti a gran voce elencando singoli episodi di normale follia burocratica, ma anche di inettitudine politica, che hanno ridotto la città e le imprese all’osso. “C’è chi non riesce più ad andare avanti pur avendo lavori – spiega il presidente dell’Ance, Marco Tirimacco – molte imprese sono sull’orlo del fallimento. E’ l’ora di agire, di farci sentire”.
Lo seguono a ruota i professionisti che snocciolano, uno ad uno, i tentativi fatti per convincere il sindaco a dare una soluzione, le proposte di aiuto rispedite al mittente, gli incontri promessi e mai convocati.
Sull’analisi del disastro e la necessità della protesta sono tutti d’accordo, occorre ora solo scegliere in quale forma.
Il corteo in strada è in cima alle possibilità, ma anche l’occupazione del Comune, dove da quattro giorni sono asserragliati i dipendenti delle cooperative la cui cacciata dagli uffici è una delle principali cause dello stallo, ma poi c’è anche chi vuole investire il prefetto per l’ipotesi di interruzione di pubblico servizio e chi ha già detto che si rivolgerà alla magistratura per chiedere un risarcimento danni da girare direttamente alla Corte dei Conti.
“Mai vista una cosa del genere”, mai visti professionisti in versione “black bloc”.
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