No al piano di gestione forestale, la richiesta arriva in Regione

Eliminare l’obbligatorietà del piano di gestione forestale da parte dei Comuni. E’ quanto chiede il Comune di Pratola Peligna alla Regione, sostenuto da altre amministrazioni (Pacentro, Cansano, Campo di Giove, Rocca Pia, Pettorano, Popoli, Bolognano, Sant’Eufemia a Maiella, Corfinio, Raiano, Vittorito, Bugnara, Salle, Caramanico Terme, Scontrone, Brittoli, Gagliano Aterno e Carpineto della Nora). Oggi una delegazione sarà ricevuta in Regione per parlare proprio di questo. Il motivo è l’impossibilità di accedere ai fondi Psr 2014-2020 nella misura 8.3 che richiede, appunto, ai comuni partecipanti di essere in possesso del piano di gestione. In pratica in Abruzzo nessuno potrebbe partecipare a parte due comuni, Scanno e Bussi, altri 40 comuni hanno il piano in standby, ossia in attesa di approvazione con la conseguenza che non possono accedere al bando, su 308 in totale. A rischio, secondo gli amministratori, ci sono i fondi europei perchè se ogni progetto può essere finanziabile per un massimo di 300mila euro allora vien da sé che buona parte dei soldi torneranno indietro. Il discorso, quindi, diventa economico, evitare di perdere queste risorse non ambientali ma bensì economiche. Un passo quasi obbligato per le amministrazioni perchè il sostegno ad un eventuale piano arriverà solo nelle misure successive. Il gruppo dei comuni, inoltre, chiede di modificare la norma sul piano di gestione obbligando alla redazione solo i comuni con più di mille ettari di bosco, l’equivalente di mille campi da calcio.

Formalmente gli obiettivi della misura sarebbero quelli della prevenzione dei danni arrecati alle foreste da incendi e calamità naturali. Tra le azioni previste nella misura del Psr qualcosa però preoccupa un po’ soprattutto se si considera il principio, tanto sostenuto durante l’incendio sul Morrone, che dopo le fiamme tutto dovrebbe essere lasciato così com’è salvo deroghe, quelle respinte nella riunione del 13 settembre scorso in Regione. Una richiesta corale fatta a D’Alfonso quando l’attenzione e la rabbia erano ancora alte, per non incentivare comportamenti incendiari e, fatto il danno, lasciar percorrere comunque la natura. Nel frattempo si chiedevano anche queste modifiche. Quindi da una parte è stato chiesto di non toccare i territori percorsi da incendio, dall’altra di intervenire su queste aree senza lo strumento di pianificazione, il “piano regolatore” dei boschi per semplificare. Spesso dietro alcuni interventi si nascondono opere che rischiano di manomettere il territorio. Tra queste ci sono interventi di natura selvicolturale che si ridurrebbero a taglio e pulizia del bosco che dall’altro lato favorirebbero la crescita delle erbe alimentando gli incendi; interventi per l’adeguamento delle strutture viarie, ossa la riapertura o creazione di nuove arterie in montagna, e la regimazione delle acque, punto quest’ultimo che potrebbe seriamente mettere a rischio le zone paludose di fondovalle con le piogge che scendendo non consentirebbero l’alimentazione delle sorgenti favorendo la siccità in estate. Anche l’ingegneria naturalistica, altro intervento previsto per arginare il rischio idrogeologico, dovrebbe essere preso con le dovute pinze, sempre di manomissione della natura si tratta insomma. Ed infine la riduzione dei danni di origine biotica, cioè prevenzione delle malattie sugli alberi: se per il castagno solitamente si interviene trattando, i pini invasi da processionaria sono facilmente a rischio tagli. Quanto ai luoghi da adibire a monitoraggio per la prevenzione incendi, sarebbe meglio evitare cementificazioni. Un affare delicato.

Simona Pace

5 Commenti su "No al piano di gestione forestale, la richiesta arriva in Regione"

  1. Ok tutto giusto ed immagino studiato nei minimi particolari da vero giornalismo di inchiesta. Una domanda però deve essere fatta: allora tutti i comuni che hanno voluto attenzionare la Regione su un problema che rischia di impederire qualsiasi tipo di futuro intervento di prevenzione sono dei folli o meglio ancora dei cementificatori?
    Ma non sarà forse giunto il momento da parte di tutti iniziare a parlare dopo essersi visti allo specchio per almeno dieci minuti.
    Possibile che non si riesca mai a fare un passo avanti?
    Tutti pronti ad additare contro la politica soprattutto se non “amica”.

  2. “Additare contro la politica soprattutto se non amica”… Mah. Evitiamo anche di commentare al commento

  3. Tranquillo Grizzly può anche non commentare. Tanto la mia non vuole essere una difesa di parte. Cerco di essere il più possibile obiettivo. E visto che non ha sollevato nulla in merito all’articolo converrà con me che è alquanto sommario e soggettivo. Sempre meglio certo del resto della stampa locale che non compie nemmeno l’esercizio di riscrittura ma si limita al semplice copia incolla.
    Comunque il virgolettato non ha nulla a che vedere invece con questo articolo ma con la tendenza degli ultimi tempi.
    Ecco questa tendenza sebbene per larghi tratti condivisibile nel lungo periodo diventa sterile e contribuisce all’impoverimento culturale del nostro territorio.
    Forse un giorno di questo vorrà “commentare o parlare” mi auguro.
    Buona giornata.

  4. Signor Opewra, visto che ci tiene, entro nel merito. L’articolo fa una riflessione su una richiesta di deroga che potrebbe risultare un’arma a doppio taglio per la tutela e il controllo delle nostre montagne. Se da una parte c’è un concreto problema di difficoltà di accesso ai contributi per i vincoli posti dai finanziamenti europei, altresì, probabilmente, quei vincoli hanno una logica. Il piano di gestione serve appunto ad evitare che la materia sia del tutto senza regole, con questo non vuol dire che i Comuni sono pronti all’assalto, ma che non si può lasciare alla discrezione dei singoli, senza un piano strategico complessivo, la gestione di questa risorsa universale. La riflessione che fa l’articolista, quindi, mi sembra opportuna. E’ giusto che si apra un dibattito sull’argomento. Detto questo trovo del tutto fuori luogo il riferimento agli “amici politici”: primo perchè la richiesta fatta da una decina di Comuni è assolutamente trasversale, secondo perchè questo giornale ha come unici “amici” i suoi lettori e il rispetto dell’indipendenza editoriale.
    Buona giornata anche a lei

  5. Kevin Cianfaglione | 15 Febbraio 2018 at 10:46 | Rispondi

    Devo dire che questo articolo è davvero ben fatto giornalisticamente parlando, analizzando gli eventuali concretissimi rischi e debolezze derivanti da certe pressioni, deroghe, proposte od idee riguardanti la gestione del bosco e del territorio. Analizzando anche quelle contraddizioni che riguardano la politica. Infatti certe operazioni che sono state giustamente rifiutate quando proposte con lo scopo del rimboschimento, adesso rischiano di essere approvate in favore della filiera delle biomasse. Dando ragione a chi ha incendiato e incendiando chi incendia. Questo si che è un controsenso. L’Abruzzo deve puntare sulla conservazione del patrimonio naturale e non sul miglioramento della reddittività delle foreste, non nelle ditte boschive ma al massimo sulla pulizia di zone puntuale da fruire da volontari o genti del posto. Non puntare nella manomissione degli spazi naturali, ma puntare alla conservazione, proprio in favore di quei paesaggi, quelle specie ed ambienti che rendono l’Abruzzo unico.

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