Sul piccolo banchetto davanti a palazzo di Giustizia ci sono adagiati pochi attrezzi: qualche catena di riserva, olio per lubrificare, rudimentali scalpelli. L’arte di Marco Di Iorio è un’arte rumorosa e ingombrante: la sua motosega recupera tronchi morti e gli restituisce la vita. Una scultura, un racconto, un “ritratto”. La motosega la usa come fosse un pennello, riuscendo a incidere particolari, a trovare la forma nascosta nei tronchi, per mutuare il pensiero di Michelangelo.
Senza paragoni azzardati, per carità, anche perché lui è uno di quelli taciturni e umili, a cui la ribalta non piace: lo scorso anno, ad esempio, rinunciò ad andare ospite della D’Urso a Canale 5, per raccontare e ricordare le tante opere e i tanti lavori che aveva eseguito a Rigopiano. “Non mi piace speculare sui morti”, così aveva declinato l’invito. Una dignità e una sensibilità rare di questi tempi.
E pensare che quella ribalta e un po’ di pubblicità gli avrebbero fatto un gran comodo, per lui che vive spezzandosi la schiena a recuperare pelli durante i feriali e potersi dedicare così nei fine settimana alla sua passione di legno e arte.
Quest’inverno, ad esempio, ne ha impegnati sei di fine settimana per realizzare il presepe a Porta Napoli: dodici giorni al freddo e in strada, dieci ore al giorno. Una performance più che un’installazione che tutti hanno apprezzato e nessuno ha pagato. I commercianti della zona si sono limitati a riconoscergli il consumo dei materiali per circa 300 euro, ma quando ha chiesto, come gli era stato prospettato, di acquistare l’opera, nessuno ha voluto sborsare almeno mille euro per i tre pezzi realizzati. Inizialmente Giuseppe, Maria e il bambinello dovevano andare nella chiesa di Santa Maria della Tomba, ma poi, non si è capito bene perché, non se n’è fatto più niente. Niente neanche dal Comune che, seppur non aveva preso impegni, per addobbare le strade a Natale ha speso venti volte tanto.
E così il presepe è finito abbandonato in una campagna: “Meglio lì che in mano a chi non lo apprezza”. E insomma l’iniziale progetto di costruire ogni anno un pezzo nuovo per arredare durante le feste la zona sud di corso Ovidio sembra essere svanita. “Ah no, di certo non ci torno – commenta con amarezza Di Iorio – piuttosto me lo tengo in campagna”.
Per Sulmona però è tornato a lavorare, questa volta su commissione dell’associazione Ars, con il presidente Franco Iezzi che gli ha chiesto di fare un omaggio ad Ovidio nei giardinetti di piazza Capograssi. Che l’ex presidente del Parco ce l’ha questa fissa per quei giardinetti. Settemila euro che, questa volta, “mi hanno in parte già dato”.
E così questo fine settimana ha iniziato la sua opera che, ogni fine settimana, lo vedrà impegnato a dare forma all’idea della seduta ispirata ad Ovidio. Ci vorranno mesi probabilmente, con la speranza di concludere il lavoro entro aprile, quando le celebrazioni ovidiana si chiuderanno.
Forse una delle poche cose che resterà del Bimillenario.
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