Sui libri di scuola o meglio nelle segreterie delle scuole, la guerra è finita. Questa settimana, infatti, si è chiusa, e finalmente, l’interminabile parentesi delle iscrizioni. Ventuno giorni da incubo per studenti, aspiranti tali, famiglie e giornalisti. Perché la quantità di iniziative per attrarre studenti nel proprio Polo scolastico è stata a dir poco ingombrante, stucchevole a volte, così ridondante da confondere anche il più determinato degli alunni. Altro che giornate dell’orientamento, insomma: tra open day, giornali di classe, lezioni di polizia, caffè digitali, corsi intensivi di sci, aperitivi, petizioni, crociate, esibizioni di atti di vulnerabilità e vere e proprie campagne pubblicitarie, che neanche alle elezioni, dal 16 gennaio più che con la scuola, sembrava avere a che fare con un concorso a premi. Che poi tutta questa quantità di spot e informazioni non è stata così onesta e coerente, visto che in alcune scuole, ad esempio, all’atto di iscrizione nessuno ha specificato nell’apposito modulo che il contributo volontario (arrivato fino a 100 euro al liceo scientifico) era appunto volontario. Che se uno voleva insomma poteva evitare di pagarlo. Anche perché quei soldi, che servono a finanziare attività extra scolastiche, spesso non è dato sapere che fine facciano, essendo alcuni siti web privi di informazioni sul bilancio. Certo i denari sono importanti, anche per finanziare le campagne pubblicitarie, come quella promossa dal liceo scientifico Fermi che quest’anno è riuscito ad avviare, una delle tre scuole in Abruzzo, il progetto sperimentale del corso quadriennale. Tutto bene, se non fosse che per promuovere il corso, la scuola ha deciso di mandare in giro per la città una vela 6×3 (e già questo!) con una pubblicità a dir poco inquietante: un ragazzino che entra disinvolto e libero con lo zaino in spalla e come nell’evoluzione (o meglio sarebbe dire involuzione) darwiniana ne esce composto, dopo quattro step, sull’attenti e con la ventiquattrore stretta nella mano. Un’immagine che ricorda la marcia del tritacarne di Another brick in the wall dei Pink Floyd. La sintesi di quello che la scuola non dovrebbe essere, insomma, se è vero, come stabilisce l’art. 147 del Codice civile, che i genitori (e quindi anche la scuola) devono “istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli”.
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