Dai pomeriggi all’oratorio di Cristo Re sono passati più di 20 anni, determinata e studiosa, ex studentessa del liceo Vico, classe 1983 Marisa Mariani è ora una ricercatrice affermata e mamma di una bella bambina. Camice bianco e campioni da analizzare, uno di quelli che siamo soliti chiamare cervelli in fuga, lontana dall’Italia dai tempi del dottorato. Per impegni di lavoro non riesce a torna spesso a Sulmona e anche se ha sposato il mood, il metodo Usa non può fare a meno del buon cibo italiano ma sul lavoro, abnegazione e opportunità da saper cogliere
Prima dell’affaccio sui grattacieli di New York era una studentessa, qual è stato il suo percorso?
Ho studiato biotecnologie mediche all’Università di Padova, poi la specialistica alla Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. Durante il dottorato di Ricerca mi sono trasferita negli Stati Uniti, e precisamente in Connecticut nell’Istituto di Ricerca Biomedica del Danbury Hospital. L’obiettivo era quello di rimanere solo un anno ma date le scarse possibilità di lavoro in Italia ho accettato l’offerta di rimanere negli States.
L’America la terra delle grande occasioni, per lei quella della ricerca e un’importante scoperta sul carcinoma ovarico.
Al Danbury Hospital ho concentrato i miei studi sulla personalizzazione della terapia nelle pazienti affette da carcinoma ovarico. In particolare, siamo riusciti a identificare un meccanismo molecolare che rende possibile identificare le pazienti che hanno scarsa probabilità di rispondere alla chemioterapia, evitando cosi un inutile trattamento tossico. Abbiamo scoperto che la proteina Hgf ed il suo recettore c-Met sono molto elevate nelle pazienti che saranno refrattarie al trattamento neo-adiuvante. Questo studio quindi offre la possibilità di una personalizzazione della terapia sulla base di marcatori molecolari e fornisce indicazione per nuovi protocolli terapeutici visto che sono in sviluppo clinico farmaci capaci di inibire la proteina Hgf ed il suo recettore c-Met.
Risultati che hanno portato alla volta della grande mela, New York, qui di cosa si è occupata?
Dopo 6 anni in Connecticut, mi sono trasferita a NewYork. Qui ho trovato lavoro in un importante centro medico universitario chiamato Weill Cornell Medicine e con precisione lavoro nell’Epigenomics Core Facility che fornisce strumenti e servizi all’avanguardia per quanto riguarda sequenziamento di prossima generazione di Dna e Rna, analisi epigenomiche, analisi a livello di singola cellula, spettrometria di massa dell’acido nucleico, Pcr in tempo reale, consulenza sulla pianificazione di un progetto e analisi dei dati.
A breve la Svizzera non per ricerca ma sempre lavoro, ma cosa l’ha spinta a lasciare l’Italia?
Si, il motivo per cui sono partita è semplice, mi si è presentata la possibilità di usare tecnologie all’avanguardia nel mio campo oltre, finalmente a un buon stipendio dopo tanto, così ho lasciato l’Italia. Vivendo all’estero ti rendi conto di molte cose, capisci che l’Italia, è parecchio indietro, insomma vedi le cose come dovrebbero funzionare. Sicuramente mi manca l’idea di una vita più tranquilla, il cibo, le ferie qui ne ho solo 10 l’anno. Ma in generale consiglierei a chiunque di fare un esperienza all’estero proprio per capire quali sono i punti deboli dell’Italia e cosa invece dovremmo apprezzare di più.
Tanti i nuovi migranti, quelli 2.0 e quelli che esitano, cosa consiglierebbe ai giovani di oggi?
Di seguire i propri sogni. Essere determinati e cercare di realizzare in maniera caparbia i propri progetti e sogni, avere il coraggio anche di fare le valigia…ci sono tante opportunità che ci aspettano.
Anna Spinosa
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