Sono cifre da capogiro quelle fornite da L’Espresso sul gioco d’azzardo che a Sulmona ha visto spendere 22 milioni di euro solo nel 2016 con 232 apparecchi in città, pronti ad allettare con i loro colori, la fama di portar fortuna e soldi facili, un mix vincente per lo Stato che ci guadagna, deleterio per chi investe buona parte dei suoi soldi sul gioco. “Circa 900 euro annui procapite- specifica il consigliere di maggioranza, Andrea Ramunno che denuncia il fenomeno- un dato preoccupante se si pensa che il rapporto tra slot in città e abitanti è altissimo, una su ogni cento abitanti”.
Davvero un affare eagerato sul quale Ramunno vorrebbe intervenire invertendo un po’ la rotta. “Alcune città in Italia avevano vietato le slot nei locali, ma ci sono stati ricorsi al Tar vinti”. Da portare all’attenzione del Consiglio comunale, quindi, potrebbero esserci incentivi alle attività che decidono di non mettere le slot nel proprio locale, di sostenere una campagna di sensibilizzazione o supportare associazione che si occupano di sconfiggere questo tipo di dipendenza”, perchè di dipendenza si tratta.
Della ludodipendenza, oltre alle slot, fanno parte i gratta e vinci, le scommesse, il lotto, il bingo. Uno tira l’altro in quello che viene definito “effetto ciliegia” per arrivare velocemente a svuotare il portafogli con la voglia e la convinzione di recuperarli, ma a vincere è sempre il “banco”. Un “ce la posso fare”, “sono più forte”, “riesco a gestirmi” che il più delle volte rappresenta un alibi per inserire un’altra moneta.
D’altronde le slot garantiscono un certo guadagno, seppur minimo, anche ai gestori che ritagliano un angoletto per questo tipo di attività. Lo scontro che si crea è legato agli introiti che il gioco d’azzardo, sotto monopolio dello Stato, riescono a garantire. Insomma lo stato è il primo a guadagnarci e dovrebbe farlo in virtù dei servizi da offrire ai suoi stessi abitanti. Ma il fine “non” giustifica i mezzi secondo il consigliere perchè a rimetterci sono persone deboli, da tutelare.
Simona Pace
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