Ovidio, al “tribunale” di Roma

Carmen et error. Così l’Ovidio in esilio a Tomi scriveva a proposito delle trame sulla sua relegatio. Un’imprudenza forse quella che gli è costata tanti anni di lontananza dalla sua patria che non rivedrà mai, morendo in Romania nell’attuale Costanza.

Perché da sempre la volontà di sovvertire quella condanna accompagna cultori, appassionati, uomini di legge ma anche cittadini che pur non masticando latino né codici vogliono giustizia per il poeta.

A ripercorrere la quaestio e a sostenerne l’innocenza, vi è la mozione “ Recepimento della sentenza di assoluzione e revoca della relegatio a Publio Ovidio Nasone” che si svolgerà domani, 14 dicembre, in consiglio comunale al Campidoglio.  La città di Sulmona sarà rappresentata dalla classe IIB del liceo classico, accompagnata dalle professoresse Cristina Martinelli e Sabrina Cardone, gli studenti, spiegano, coglieranno l’occasione per rendere giustizia all’illustre poeta, attraverso la lettura di passi scelti dai Tristia e dalle Epistulae ex Ponto. Le dolci note del flauto e del pianoforte faranno da sfondo alle parole di Ovidio.

Proprio in occasione del bimillenario della morte del grande poeta sulmonese, alla presenza delle delegazioni di tutti i licei classici di Roma, verrà affrontata la condanna e la richiesta, già sollevata nel corso degli ultimi decenni, di revoca della “relegatio” ossia dell’esilio, di Ovidio confinato a Tomi ad opera dell’imperatore Augusto.  Perché testi alla mano e documenti pervenuti sino ai nostri giorni, le cause dell’esilio non sono affatto chiare, insomma sulla sua colpevolezza ci sono stati da sempre fortissimi dubbi, alla base della “relegatio” imposta dall’imperatore ci sarebbe un fatto, un motivo, personale molto grave, tale da giustificare l’improvvisa decisione di impedirne il ritorno in patria, nonostante le suppliche del poeta e dei suoi amici. Condanna che, in base al diritto romano, andava comminata a seguito di un pubblico processo e doveva essere ratificata dal senato, mentre l’imperatore Augusto stabilì tutto da solo senza rispettare tali regole.

Da qui, dalla città natale di Ovidio, la “Sulmo mihi patria est”, la difesa si è sempre prodigata per il suo più illustre figlio, è stata netta e forte negli anni attraverso due processi: la prima volta, in primo grado, celebrato davanti a una Corte di insigni latinisti il 10 dicembre 1967 ed il secondo, in appello, celebrato il 9 dicembre 2011, davanti a una Corte di giuristi, composta dal distretto del Rotary Club di Sulmona, unitamente alle associazioni culturali “Fabbrica Cultura” e “ I Viaggiatori nel Tempo”; in entrambi i giudizi Ovidio è stato assolto dai capi di imputazione a lui contestati.

L’ultima sentenza di assoluzione è stata recepita all’unanimità dal consiglio comunale di Sulmona, che nel 2012 l’ha trasmessa all’assemblea capitolina di Roma Capitale affinché venisse recepita e ne fosse data attuazione, ricordano dal liceo sulmonese.

Docenti e alunni a colpi di versi ovidiani ribadiscono l’innocenza del più grande poeta latino di tutti i tempi e concludono “Con la suddetta mozione, rappresentando l’assemblea capitolina idealmente la continuità storica del senato e del Popolo di Roma, si intende riparare al grave torto subito da Ovidio da parte di Augusto procedendo alla revoca del decreto con cui l’imperatore lo aveva mandato in esilio a Tomi”.

Un’imprudenza tale da punirlo con un dolore immane, la lontananza dalla sua terra. Motivi personali, forse troppo personali che hanno messo Ovidio, il poeta dell’Ars amatoria, della vis poetica e dei suggerimenti di millenario stupore, sotto la cattiva luce del potere decisionale dell’imperatore.

Ora è tempo di giustizia, anche se per sulmonesi, latinisti e cultori, l’assoluta innocenza di Ovidio è cosa chiara già da un pezzo, più di un bimillenario.

Anna Spinosa

 

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