E’ una sentenza destinata a cambiare i numeri in tavola, dove i numeri sono quelli dei soldi e la tavola è quella della Regione. La Corte Costituzionale ha infatti bocciato (sentenza numero 89 del 27 aprile scorso) la finanziaria 2013 della Regione Abruzzo, obbligando la giunta guidata da Luciano D’Alfonso a “rideterminare il bilancio di esercizio 2013 in modo da accertare il risultato di amministrazione secondo canoni costituzionalmente corretti”. Tutto da rifare, in pratica, anche perché al bilancio 2013, e in particolare agli accertamenti dei residui attivi e passivi del 2013, sono legati anche i conti degli anni successivi e le premialità che lo Stato ha concesso all’Abruzzo per ripianare il suo debito. Rideterminazione che la “Regione facile e veloce”, dovrà fare velocissimamente, visto che i Revisori hanno già avvertito Paolucci e compagni che il rendiconto del 2015 dovrà essere approvato inderogabilmente entro il 30 giugno di quest’anno. E se salta il 2013, salta tutto il resto.
I rilievi fatti dalla Consulta alla legge finanziaria in questione, già segnalata dalla Corte dei Conti, sono diversi, ma il più importante è quello che mina la credibilità dei soldi realmente disponibili calcolati in base agli accertamenti dei residui attivi e passivi: in pratica la Regione avrebbe messo in bilancio crediti inesigibili e così facendo avrebbe falsato i conti, dimostrando “l’inattendibilità e l’assenza di credibilità del rendiconto – scrive al Consulta – e dell’assunto della Regione secondo cui la legge sarebbe conforme alla legge”. E ancora: “La riprogrammazione sarebbe finanziata mediante applicazione di ‘Avanzo presunto’, posta che, per giurisprudenza consolidata, costituisce entità giuridicamente e contabilmente inesistente – si legge nella sentenza -, sicché nessuna spesa può essere accesa in poste di bilancio correlate ad un avanzo presunto, se non quella finanziata da fondi vincolati e regolarmente stanziati nell’esercizio precedente”.
“La Corte ha evidenziato delle irregolarità gravissime. Irregolarità – commenta Riccardo Mercante dei Cinquestelle – che a parere della Corte aggraverebbero ancora di più distorsioni reiterate e già censurate dei conti regionali. Mancherebbe, infatti, un accertamento corretto dei residui attivi e passivi, che, unitamente allo sforamento dei limiti di spesa attraverso l’iscrizione di fittizie partite di entrata, l’utilizzo di economie vincolate, spese prive di copertura e non previste da nessuna disposizione di legge vigente, renderebbe impossibile conoscere quale sia l’esatta situazione in cui versano le casse regionali. Una bocciatura pesantissima delle precedenti amministrazioni che non risparmia nessuno, né il governo Chiodi né tantomeno quello attuale, visto che, ad irregolarità reiterate e consolidate in tutti questi anni si è cercato di mettere una pezza attraverso una rappresentazione distorta dei risultati della gestione”.
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