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Torna a farsi sentire il vice segretario generale del sindacato di polizia penitenziaria Mauro Nardella preoccupato per l’imminente apertura del nuovo padiglione del carcere di Sulmona. È il 1 marzo la data scelta per l’inaugurazione di un padiglione in grado di ospitare potenzialmente ulteriori 265 detenuti ad alta sicurezza rispetto agli attuali 462. “Il tutto malgrado i tanti proclami avanzati sulla carenza degli organici, sulla logistica, sulla regolarità degli standard operanti sui vecchi padiglioni e chi più ne ha più ne metta” dichiara Nardella ancor più preoccupato di fronte al “silenzio dei candidati sindaci proprio su questo tema”.
“A parte una senatrice della Repubblica dimostratasi sempre pronta a sostenere la vertenza con ripetute interrogazioni parlamentari” si legge nel comunicato a firma di Nardella, “la politica locale, regionale e nazionale sembra non tenga conto della questione delicata del penitenziario sulmonese”. Una situazione inaccettabile per il vice segretario generale SPP che invita i rappresentanti delle istituzioni a valutare tutte le possibili conseguenze di questa nuova apertura comprese quelle relative “all’indotto che si potrebbe generare considerato il fatto che saranno 700 i detenuti che abiteranno il carcere ma molti di più sarebbero i familiari desiderosi di venire a Sulmona per supportare il loro morale e il loro animo”.
Tutto questo senza dimenticare quanto da tempo si è già più volte denunciato in termini di carenze di un istituto attualmente inadeguato ad accogliere oltre 200 detenuti in più.
Anche se, continua Nardella “limitarsi a descrivere l’insostenibilità del carico che si sta addossando sulle spalle degli operatori penitenziari risaltando solo le mancanze organiche e strutturali è riduttivo oltre che sbagliato”. Non è solo l’attuale inadeguatezza del carcere a preoccupare quanto l’intero contesto nel quale esso si inserisce dal momento che a Sulmona, sottolinea Nardella “manca tutto ciò che dovrebbe avere un apparato così enormemente impostato al contenimento di un numero così elevato di mafiosi, ndranghetisti, camorristi, collaboratori, etc.”. A partire dall’ospedale dove, “quando tutto va bene le incombenze di un pronto soccorso, sempre più preso d’assalto proprio dai detenuti quasi ordinariamente condotti in loco, vengono sbrigate in non meno di 6/8 ore”. Conseguenza del carico di lavoro e della carenza organica con cui anche il nosocomio peligno è da tempo costretto a fare i conti.
Ricordando come si sia risolta in un nulla di fatto la proposta di “incardinare in un unico sito ospedaliero i ricoveri dei detenuti di tutta la Regione al fine di efficientare tutti i servizi di questo ambito”, Mauro Nardella aggiunge come “non si hanno notizie di potenziamento degli organici dei medici, degli infermieri e degli operatori socio sanitario, così come sui nuovi ambulatori capaci di attirare gli specialisti in carcere anziché condurre i detenuti fuori”.
Ancor più grave per il vice segretario generale SPP è non sapere se “di questo nuovo assetto penitenziario se ne sia discusso nei tavoli di cui al Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza e, se sì cosa ne pensa il prefetto a proposito del potenziamento delle forze dell’ordine che si auspica di avere a presidio della sicurezza esterna di un istituto in procinto di divenire l’istituto tra i più affollati al mondo di detenuti mafiosi”. Una possibile soluzioni, spiega Nardella potrebbe essere la previsione da subito di un presidio costante dell’esercito o di quella che una volta veniva identificata come VEIP, vigilanza esterna istituto penitenziario, ad opera delle forze di pubblica sicurezza.
E cosa dire poi, continua Nardella “dei vecchi reparti lasciati orfani degli adeguamenti di cui al regolamento di esecuzione dell’ordinamento penitenziario?”. Domanda retorica la cui risposta è nelle “camere di pernottamento senza acqua calda e senza docce e quelle in uso comune aggredite da muffe”, riporta Nardella sottolineando come, nonostante tale stato di fatto, “un istituto come quello di Melfi sta dirottando detenuti in direzione di Sulmona proprio per favorire quello che da anni si sta chiedendo di fare in terra peligna e cioè restaurare i vecchi padiglioni per cercare di azzerare i problemi logistici”.
Solo ieri infatti l’arrivo di 9 detenuti dalla cittadina lucana, numero che porta a 462 la conta attuale dei reclusi presenti.
Altra preoccupante mancanza quella relativa ai fondi per il lavoro dei detenuti che complica l’efficacia di un trattamento basato sul recupero del reo e, aggiunge ancora Nardella “non si capisce inoltre cosa vorranno fare dei detenuti che come elemento trattamentale hanno scelto quello di frequentare corsi scolastici” visto quanto “si sia dimostrato complicato metterli in condizione di utilizzare apparati digitali dei quali la scuola moderna non ne può fare a meno”.
Argomenti che si aggiungono ai già noti problemi relativi al mancato potenziamento di uffici amministrativi e all’utilizzazione di “una sola cucina per il confezionamento dei pasti di tutti i detenuti quando in realtà la legge prevede che ve ne sia una per ogni 200 reclusi”. Come pure sul potenziamento della tecnologia digitale volta a dissuadere l’arrivo di droni e il funzionamento dei dispositivi telefonici all’interno del carcere, “il tutto in barba a quanto detto dal procuratore nazionale antimafia proprio ieri sul triste fenomeno delle comunicazioni fraudolente a mezzo telefoni dai circuiti penitenziari ad alta sicurezza”.
In attesa del 1 marzo, data in cui verrà aperto il nuovo padiglione con tutto ciò che ne conseguirà per il sistema penitenziario sulmonese, al vice segretario generale Mauro Nardella non resta che dire: “Che Dio ce la mandi buona!”
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