Rita nasce in montagna, a due passi da Sulmona, è orfana di padre morto nella Grande Guerra e presto perde anche sua madre ritrovandosi a patire la fame. A darle accoglienza è Deolisa proprietaria di un lupanare, un ambiente dove Rita cresce “ritrovandosi a fare la bella vita senza avere la libertà di amare”. Fino a quando, all’indomani dell’8 settembre del 1943, Rita conosce John, prigioniero anglo americano scappato dal campo 78 di Fonte d’Amore che nel lupanare trova rifugio in attesa di tornare dalla moglie che lo attende in America. Si intitola Ma che guerra c’è? lo spettacolo tragicomico che la compagnia teatrale La Torre di Babele di Pescara porterà in scena per il terzo appuntamento del Premio Pratola Peligna – Teatro e Territorio in programma domenica 2 febbraio alle ore 17.45 al teatro comunale D’Andrea.
“Il linguaggio teatrale può aiutare a trasmettere i valori e i disvalori di quel periodo storico” afferma il dottore Michele Di Mauro, cardiochirurgo di professione, regista e attore per passione nella compagnia teatrale pescarese che a Pratola Peligna conta di “emozionare il pubblico” offrendo importanti spunti di riflessione. Ripercorrendo le storie di chi in Abruzzo ha vissuto i giorni dell’armistizio con l’inizio dei bombardamenti e l’orrore degli eccidi come quello di Sella Ciarelli vicino Teramo, la rivolta ottobrina di Lanciano e la fucilazione alla Badia di Sulmona. Eventi storici che fanno da sfondo a uno spettacolo dove protagonisti “sono personaggi di fantasia che rappresentanto anime vere”, persone vissute quando “in Italia c’erano i fascisti, gli antifascisti convinti, quelli che non credevano più a nessuno e, infine, i doppiogiochisti”. Come Deolisa che, quando a Sulmona si sparge la voce che un pastore di Anversa è stato arrestato e condannato a morte per aver ospitato quindici prigionieri, si rifiuta di continuare ad ospitare John che da quel momento, sparisce nel nulla.
“Quando si decide di portare in scena uno spettacolo storico – spiega Di Mauro – è necessario un lavoro di ricerca per far sì che i fatti storici siano dettagliati e reali” come i bombardamenti di Pescara e di Sulmona e l’episodio di resistenza dei martiri lancianesi, eventi che “è un dovere riportare fedelmente”. Anche affidandosi a personaggi inventati come Rita che dopo aver cercato invano il giovane prigioniero americano conosce il significato della vendetta quando, il 21 dicembre del 1943, due tedeschi irrompono nel lupanare, fanno i loro comodi e si rifiutano di pagare. Da lì una colluttazione che porta alla morte di Deolisa e Rita, in preda alla rabbia, ammazza un tedesco prima di darsi alla fuga lo stesso giorno in cui il pastore di Anversa viene fucilato alla Badia. Uno spettacolo scritto e realizzato dalla compagnia teatrale pescarese che sceglie di portare in scena storie di guerra perché “oggi c’è un rigurgito fascista ed è bene parlare di quel periodo affinché nella diversità di idee, nelle differenze politiche, prevalga sempre la moderazione”.
Una storia nella storia quella di Rita che insieme ad altri tre personaggi, in fuga dai tedeschi diventati nemici, si ritrova all’interno di una vecchia casa con una “falsa parete” che nasconde uno strano laboratorio. Qui Michele, uno scienziato cui hanno strappato la tessera del partito, ha costruito una macchina del tempo in grado di trasportare una persona in un’era successiva, sperando di trovare un tempo senza guerre. “Una volta giunto a destinazione, il viaggiatore dovrà comporre un numero di telefono e chiedere Ma che guerra c’è? Così da riprendere il suo viaggio alla ricerca di un’era di pace”. Obiettivo difficile da raggiungere, come dimostrano le parole di uno dei personaggi che a un certo punto afferma “la fine della guerra non è la pace ma un’altra guerra”. E anche se oggi, a distanza di 80 anni, l’Europa è scossa da altre guerre, la speranza non deve abbandonarci e l’arte deve dare il suo contributo. “Noi che facciamo teatro abbiamo scelto questo linguaggio per parlare di guerra attraverso uno spettacolo che stiamo portando anche nelle scuole perché è lì che si formano le menti delle donne e degli uomini di domani”.
Intanto al teatro D’Andrea è già tutto esaurito per il terzo appuntamento di una rassegna che quest’anno ha scelto di presentare al suo pubblico non solo allegre commedie dialettali ma anche momenti di amara riflessione con uno spettacolo che promette forti emozioni.
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