Il carcere “fuori legge”, i sindacati diffidano il direttore: “Non aprite il nuovo padiglione”

Le ferite, nel senso letterale del termine, sono ancora fresche: ad uno dei tre agenti aggrediti l’altro giorno è stata solo ieri sciolta la prognosi e le conseguenze delle violenze dietro le sbarre, che hanno coinvolto la settimana scorsa anche il direttore Stefano Liberatore, fanno ancora male.

La Casa di reclusione di via Lamaccio ha bisogno di un intervento strutturale sia nella pianta organica (calibrata tra l’altro senza tener conto del nuovo padiglione), sia nell’edificio. Insomma, di aprire un nuovo padiglione non è proprio il caso per i sindacati di categoria che ieri hanno formalmente diffidato l’amministrazione penitenziaria a tagliare il nastro: “Perché non ci sono i presupposti di sicurezza – scrivono -, chiediamo uno sfollamento dei detenuti e soprattutto di trasferire i detenuti riottosi che hanno aggredito i colleghi, detenuti che quotidianamente non vogliono rispettare le regole penitenziarie imponendo le loro regole anche con i loro metodi criminali. Chiediamo un aggiornamento delle piante organiche urgente che tenga conto dei cambiamenti delle condizioni lavorative e delle nuove esigenze strutturali al fine di garantire un adeguato supporto al personale già in servizio e una gestione efficiente della struttura”.

Non sono richieste campate in aria quelle dei sindacati, ma corredate da un elenco di carenze che evidenziano come la struttura di via Lamaccio sia nei fatti “fuori legge” e non solo per gli ospiti che vi risiedono.

A partire dai turni a cui sono costretti gli agenti, sottorganico di circa 60 unità: “Turni da 12/13 ore, quando va bene, senza il riposo settimanale, personale sottoposto ad affrontare quotidianamente una guerra psicologica con offese, minacce e tentativi di aggressione – scrivono tutte le sigle sindacali -. La gestione del circuito alta sicurezza con l’aumento delle attività previste dalla normativa vigente, ha causato un notevole incremento del carico di lavoro per il personale, che attualmente risulta insufficiente rispetto alle reali esigenze dell’istituto, con l’imminente apertura del nuovo padiglione ci sarà un collasso del sistema, con gravi conseguenze sul piano della sicurezza”.

E poi le carenze strutturali: “La situazione dei vecchi padiglioni sono peggiorate, le tubature sono talmente rovinate che spesso scoppiano con fuoriuscita di acqua nelle stanze – si legge nella nota indirizzata al direttore -, non si fa in tempo a riparare la perdita che si manifesta un ulteriore rottura degli impianti idraulici purtroppo, vecchi ed obsoleti, dal punto sanitario con le tubature vecchie si potrebbe incorrere a malattie quali la legionella, altro problema è l’acqua calda che dopo un paio di ore di utilizzo finisce, sempre, a causa delle vecchie tubature. Le docce sono ancora locali comuni e necessitano di interventi strutturali, nelle stanze non c’ è acqua calda e soprattutto le docce come previsto dalla legge. Appena le condizioni atmosferiche cambiano, l’energia elettrica va in tilt, a causa degli impianti di vecchia generazione”.

E questo a fronte di una popolazione carceraria che, al contrario, ha quasi cento unità in più della capienza consentita, con il reparto colloqui (20 in tutto, di cui 4 esterne) che non sarebbero in grado di sopportare l’arrivo di altri 200 detenuti, l’area sanitaria inadeguata già ora, i passeggi nel reparto Verde che “ad oggi non sono a norma per la salubrità dei lavoratori”.

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