I chilometri da coprire, come tradizione vuole, sono 42 e 195 metri. La stessa distanza che separa Atene e il porto di Maratona, dove le truppe di Dario di Persia si arenarono difronte agli scudi ateniesi. La corsa di Giorgio Pitassi verso il traguardo all’altezza di Tavern on the Green parte da ancora più lontano. Lo starter ha puntato la bocca di fuoco della pistola verso il cielo lo scorso giugno, quando Giorgio ha iniziato a mettere nelle gambe chilometri in vista della partenza dal Ponte di Verrazzano. Dieci, quindici, sedici, fino a trentaquattro chilometri coperti lo scorso mese. “Non si arriva mai ai quarantadue per evitare infortuni prima della gara”, ci spiega mentre è ancora sballottolato dal jet leg. Allenamenti curati da Oreste Di Sanza, di Runner Sulmona, e una dieta neanche troppo ferrea da seguire a tavola. “Pasta al sugo e un po’ di carne. Nulla che appesantisca lo stomaco, altrimenti la digestione toglie le forze per la corsa”.
Gli alberi sulla strada che collega Sulmona a Pettorano sul Gizio hanno perso le foglie e sono diventati l’Empire State Building e il One Vanderbilt. Le automobili dirette verso l’Alto Sangro che sfrecciano lungo la Statale 17 si sono dipinte di giallo, un’insegna e quattro lettere sul “tettuccio” e centinaia di vite trasportate nel trambusto della Grande Mela. Oltre 57.000 mila atleti si sono dati appuntamento a Staten Island per la maratona di New York. Edizione numero cinquantatré. Una, quella del cinquantenario, saltata causa Covid. Nella marmaglia che “sfilano” nei cinque distretti della città che non dorme mai c’era anche Giorgio Pitassi, con la sua pettorina 38994 e tanta volontà nei quadricipiti. Di mestiere fa l’ingegnere ma l’unico calcolo fatto all’ombra della Statua della Libertà era quello di scendere sotto le 4 ore. “Ho chiuso a 4 ore e 20 minuti. Ho avuto un buon ritmo, ma i saliscendi mi hanno colto alla sprovvista”. Due in particolare: quello che precede l’ingresso a Central Park e poi i due chilometri di salita tra le streets di Manhattan. Chiude la corsa alla posizione numero 27.000. In medio stat virtus, ma non per Giorgio che per deformazione professionale ha una mente ordinata e precisa. “Sì poteva fare qualcosa di più”.
Ma la vera vittoria è stata quella di mettersi in gioco partendo dal basso. O meglio, da seduto. “Ero un tipo sedentario, da divano – racconta – ed oggi sono riuscito a percorrere la maratona di New York. Vorrei che questa mia partecipazione alla maratona di New York pungoli le persone a fare attività fisica, a muoversi il più possibile per la propria salute. Che sia la corsa, la pallacanestro o qualsiasi altro sport. Spero arrivi questo messaggio d’incoraggiamento”.
A trionfare è Abdi Nageeye da Mogadiscio ma con passaporto olandese e un argento a Tokyo 2021. Non certo l’avversario da battere. “Le storie più belle da vedere sono quelle di chi arriva in 10 ore al traguardo – spiega Pitassi -. Osservi immagini commoventi, di chi taglia il traguardo nonostante ostacoli e difficoltà, con tutto il pubblico a spingere dal primo chilometro fino all’arrivo”. Gli ultimi saranno i primi, dopotutto.
Bellissimo articolo !
Complimenti alla redazione e all’ottimo Pitassi