Il pranzo è servito

Sarà, comunque vada, un pasto indigesto per il Comune di Sulmona, perché la vicenda delle mense scolastiche è destinata a finire in carta da bollo, se non in tribunale. Ieri la giunta comunale ha preso atto della declaratoria di decadenza della società Ri.Ca. di Somma Vesuviana che a giugno scorso si era aggiudicata l’appalto da 3 milioni di euro, sostenendo l’impossibilità di sottoscrivere il contratto per l’assenza di un centro cottura autorizzato. In altre parole il servizio, bisognerà capire se solo temporaneamente e con che formula, sarà assegnato ad un altro gestore, verosimilmente la EP che è la seconda in graduatoria ed è una delle società, insieme alla Coselp, che ha gestito la refezione scolastica fino a maggio scorso. L’affidamento sembra scontato, tant’è che la stessa EP avrebbe già contattato la piattaforma di Ristocloud per le credenziali per il caricamento dei dati degli utenti.

Il pranzo è servito, insomma, ma chi lo ha “cucinato” è ancora da capire. Su tutta la vicenda della refezione scolastica incombe infatti una fumo fitto, fatto di imprevisti burocratici, improvvisi ripensamenti, interpretazioni di leggi.

Il presunto diniego della Regione (che in realtà la Ri.Ca. non interpreta come tale) per l’uso del centro cottura della clinica San Raffaele, è arrivato d’altronde solo l’altro giorno e questo nonostante una Scia fosse stata presentata dalla società di Somma Vesuviana il 6 giugno scorso e aggiornata “tenendo conto delle indicazioni date dalla Asl” il 29 giugno.

“Da allora non abbiamo saputo più nulla – spiega uno dei responsabili di Ri.Ca. – fino al 27 settembre, quando il Comune ci ha comunicato che il centro cottura della clinica non era autorizzato a confezionare pasti all’esterno”. Parere girato alla Regione, la cui risposta vale la pena virgolettare, perché oggetto di diverse interpretazioni. “Nel merito, il vigente manuale di autorizzazione, approvato con DGR 591/P/2008 – scrive la dirigente del servizio Rosaria Di Giuseppe – alla scheda ‘1.1 requisiti minimi organizzativi di garanzia dei diritti dei pazienti’ prevede espressamente che ‘E’ garantita la possibilità a parenti ed accompagnatori di usufruire, all’interno della struttura, di pasti caldi’. Pertanto – continua il parere – è da escludersi l’estensione del suddetto servizio a utenti esterni”. Diversamente dagli uffici comunali, la Ri.Ca. sostiene che il divieto è riferito al consumo di pasti al San Raffaele da parte di estranei. Che, insomma, non è un ristorante dove chiunque può andare a mangiare e che nulla ha a che fare questa restrizione con l’uso della cucina come centro cottura. “Cosa che d’altronde – spiegano dalla Ri.Ca. – si fa in diverse cliniche e ospedali in tutta Italia”.

Tanto più che la società appaltatrice, che per la San Raffaele gestisce la mensa di diverse cliniche, ha apportato nei 250 metri quadrati di cucine, lavori per oltre 25mila euro, al fine cioè di adattarla – secondo un progetto che sarebbe stato fatto visionare prima alla Asl – alle esigenze di un centro cottura: spazi dedicati a celiaci, uno per i piatti freddi, nuovi macchinari.

Curiosi, poi, la serie di puntigli burocratici richiesti alla ditta di Somma Vesuviana di volta in volta: l’estensione specifica dell’assicurazione (che la società ha già nelle decine di mense che gestisce in tutta Italia) per gli istituti sulmonesi (con tanto di correzione richiesta dal singolare al plurale), documenti rispediti indietro perché la firma non era abbastanza leggibile, la pretesa di un contratto di affitto con la San Raffaele al posto di un comodato d’uso. Solo per citarne alcuni.

Ancora più curiose, poi, al limite dell’inquietante, le marce indietro fatte da alcuni centri cottura che la Ri.Ca. si era preoccupata di trovare in alternativa: “Ne abbiamo contattati tre che ci avevano dato l’ok – continua il responsabile della società -: appuntamento preso per firmare il contratto e disdetto poche ore prima. Nonostante la nostra offerta fosse più che generosa”.

L’evoluzione della vicenda giudiziaria sarà probabilmente legata alla formula che il Comune sceglierà per l’affidamento del servizio: se farà cioè scorrere la graduatoria, di fatto estromettendo definitivamente la Ri.Ca. o se opterà per una trattativa privata con valore temporale che non intaccherà l’esito della gara d’appalto, dando la possibilità, in sostanza, alla vincitrice della gara di restare nella sala d’aspetto prima di sedersi a tavola.

2 Commenti su "Il pranzo è servito"

  1. “appuntamento preso per firmare il contratto e disdetto poche ore prima. Nonostante la nostra offerta fosse più che generosa” e quindi? Fino a quando non si firma è sempre un’incognita.

  2. Sono tre anni di scenwggiate di burattinaio e burattini. Meglio Geronimo che non ha capi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo mail non verrà mostrato.


*