Sciopero dell’aeroporto di Nairobi, due abruzzesi bloccati in Kenya: “Ingressi chiusi con le catene”

Non servono interpreti dallo swahili all’italiano per capire cosa stia accadendo all’aeroporto “Jomo Kenyatta” a Nairobi, capitale del Kenya. Le catene alle porte d’ingresso e di uscita traducono da sole il momento di caos e agitazione che si sta vivendo. Sciopero ad oltranza. Non si entra e non si esce dallo scalo internazionale, almeno fino a quando il governo kenyota non bloccherà le trattative con la società Adani Group. Il personale di terra ha timore che passando dalle mani dello Stato a quelle dell’azienda privata indiana si dia il via ad una serie di licenziamenti di massa. E se da un lato c’è chi ha paura di perdere il posto di lavoro, dall’altra parte del gate (o meglio, fuori la struttura) c’è chi ha paura di non tornare a casa.

Tra le centinaia di turisti in stallo c’è anche una coppia di giovani abruzzesi. Claudia Federico, 26enne di Sulmona, e il suo compagno Dario, 25 anni dell’Aquila. Sono partiti in gruppo per un viaggio di circa una settimana, tra safari e visite nei villaggi per immergersi nelle tradizioni locali. Un tour tra i leoni, la Rift Valley, il confine con la Tanzania e le scuole del posto, dove hanno fatto anche alcune donazioni in denaro. Nella notte appena trascorsa sarebbero dovuti partire con l’intera comitiva, formata da una quindicina di persone. Direzione Il Cairo, per una sosta di un giorno prima di imbarcarsi verso Roma. Questa notte, alle 02:00, l’amara sorpresa. Aeroporto chiuso a doppia mandata dal personale di terra. Nessuna possibilità di effettuare il check-in. Nessuna via per arrivare al gate. Nessun accesso per entrare nei locali della struttura. Lontani seimila chilometri da casa.

Una notte trascorsa all’addiaccio, con temperature non proprio estive a 1.600 metri d’altitudine, come racconta Claudia. “Qui siamo in inverno. E’ vero che durante il giorno ci sono picchi di 35 gradi. La sera, però, la temperatura scende a 12 gradi, e noi abbiamo solamente abbigliamento estivo”. Le condizioni sono precarie. Quasi da campo profughi. Qualcuno usa una coperta d’emergenza. Altri il golfino portato perché “non si sa mai”. Il resto si riscalda ammassandosi per terra, ai piedi dell’entrata dell’aeroporto, con uno zaino o una valigia come cuscino di fortuna.

“Nel momento in cui siamo arrivati e abbiamo trovato l’aeroporto chiuso abbiamo atteso, sperando che la situazione migliorasse. Anche perché questo viaggio per noi era importante, dato che avevamo una coincidenza in Egitto. Per questo non abbiamo cercato un altro hotel, assieme alle altre quindici persone che viaggiano assieme a noi”.

Un gruppo numeroso, con turisti che sono sbarcati in Kenya da diverse regioni italiane e che ora si domandano quando potranno tornare a casa. C’è chi viene dall’Emilia Romagna, chi dalla Lombardia e chi dalle Marche. Tra loro anche quattro minori, di cui una bimba di appena dieci anni che a causa delle basse temperature notturne ha accusato sintomi febbrili. “Abbiamo tentato di coprirla e tenerla al caldo – spiega Claudia – con vestiti e borse. E’ stata una situazione deleteria”.

Insomma, il vero e proprio viaggio della speranza. La stessa che alberga nel gruppo di italiani, che ad oggi non conosce il proprio destino. L’ambasciata italiana è stata immediatamente avvisata. Due funzionari si sono recati presso lo “Jomo Kenyatta”, per sincerarsi delle condizioni di connazionali presenti. Una volta appurato la funzione dei servizi igienici e la disponibilità dell’acqua potabile, i funzionari non hanno potuto far altro che suggerire due alberghi nei quali attendere la riapertura dello scalo. A spese dei viaggiatori, ovviamente. Almeno di quelli che hanno fatto in tempo a prenotare una camera, dato che entrambe le strutture sono immediatamente andate sold-out.

“L’acqua c’è, è vero – prosegue Claudia -, ma l’unico bar aperto è a venti minuti di macchina. Ovviamente è stato preso d’assalto, e quelle poche cose che vendeva come acqua e patatine in bustina sono finite. I locali qui attorno sono chiusi. Anche i ristoranti non aprono. Sono tutti in protesta”.

Una protesta che come ha affermato il sindacato dell’aviazione civile del Kenya (Kawu), non si placherà fino a quando il governo non bloccherà le trattative per la cessione della struttura alla società indiana Adani Group, con la quale ha firmato una bozza di contratto di gestione trentennale. Un problema che riguarda esclusivamente il personale dello scalo kenyota, asserragliatosi all’interno dell’aeroporto. I velivoli delle varie compagnie, infatti, sono sulla pista di decollo in attesa di spiccare il volo. Ma dalle uscite dei gate non arrivano passeggeri. Quelli che scendono dagli aerei appena atterrati, invece, restano “ostaggio” nella struttura. Tant’è che questa mattina è stato necessario l’intervento della sicurezza, per far uscire dall’aeroporto i viaggiatori bloccati all’interno.

“Rimaniamo in attesa – conclude Claudia -. Speriamo di riuscire a prendere l’altro volo per Il Cairo alle 05:00, ma qui sono stati chiari: fino a quando il governo non fa un passo indietro lo sciopero proseguirà. Nonostante questo disagio, porterò con me i momenti che ho vissuto nei vari villaggi e nelle strutture che ho visitato”.

Valerio Di Fonso

6 Commenti su "Sciopero dell’aeroporto di Nairobi, due abruzzesi bloccati in Kenya: “Ingressi chiusi con le catene”"

  1. Ma guarda che caxxio di notizie. E allora io che ieri ho perso il treno ad Aquila e non sono potuto rientrare a Sulmona ad ora di pranzo ? A me non ci pensa nessuno.

  2. In determinati posti, soprattutto quelli ad alta intensità islamica e musulmana,purtroppo, non è il caso di andare. Ma ancora non Vemparete.
    St teve alla casa !!! Mamma me,come stemm miss

    • Ma esci di casa | 11 Settembre 2024 at 16:12 | Rispondi

      In Kenya l’85% della popolazione è di fede cristiana. Il 10% islamica. Si vede che Lei è stato molto a casa

      • Lucius the Beer | 11 Settembre 2024 at 17:47 | Rispondi

        Magari per lui 10% è alta “intensità” islamica, l’unica % buona per chi vota certi partiti è solo 0%.

      • Sul sito della farnesina già a luglio erano state pubblicate notizie di manifestazioni con proteste e mobilitazione. Si raccomandava massima prudenza, quindi….

  3. Hai, probabilmente, ragione. Una cosa è certa che è un paese particolarmente pericoloso (sicuramente per quelle religioni) , ergo STETV ALLA CASA . mamma me come stemm miss

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