Suicidio Conti: Total, un’esperienza da cancellare

La pista principe resta quella del crollo psicologico, dovuto in particolare alla delusione ricevuta e alle difficoltà incontrate per il nuovo lavoro, quell’incarico alla Total che gli aveva fatto lasciare la divisa e che non si era poi rivelato quello che pensava. E’ questa, almeno, la direzione assunta dalla procura di Sulmona dopo aver sentito la prima tornata di testimoni: dai dirigenti della multinazionale del petrolio, agli amici e conoscenti a cui Guido Conti aveva confessato la sua frustrazione per il nuovo lavoro.
Ieri a palazzo Capograssi, ad esempio, c’è chi, avendo accompagnato l’ex generale in Basilicata, ha raccontato come l’ingresso di Conti nella nuova azienda fosse stato diverso da quello che si aspettava. Nessun tappeto rosso, insomma, ma anzi una sostanziale indifferenza, ad esempio ad un progetto di riduzione della spesa e dell’inquinamento che, con il suo entusiasmo e la sua esperienza, aveva subito messo sul tavolo. E poi le difficoltà da affrontare per quel nuovo ruolo: l’inglese da imparare, gli spostamenti continui, il lavoro senza orario e senza ferie di un manager di una multinazionale.

Insomma Conti avrebbe capito subito che la sua decisione era forse il frutto di una scelta affrettata e valutata male, e indietro, alla sua divisa, non poteva più tornare.

Dall’audizione dei colleghi e dell’amministratore delegato Francois Rafin, d’altronde, non è emerso granché: i boss della Total hanno parlato di rapporti cordiali, di scelta dello stesso Conti di andar via per problemi di salute legati ad una gastrite, della loro disponibilità ad aprigli le porte in un altro momento.
Ma i misteri restano ancora tutti sul tavolo: la telefonata anonima fatta alla testata Primadanoi dove si parla di “disaccordi con Rafin”, il fatto che nella lettera indirizzata ai familiari (che è una sola ed unica) non si citi per niente la Total e Tempa Rossa e ancora la decisione, giovedì scorso, il giorno prima di uccidersi, di cancellare la memoria dal suo computer.

Se una svolta dovesse esserci nelle indagini, potrebbe arrivare proprio dall’analisi dei suoi apparecchi elettronici: il telefono e il computer aziendali e soprattutto il computer fisso che aveva portato a resettare. I tecnici sostengono che sarà difficile trovare qualcosa dopo l’operazione di shredding (triturazione), ma comunque la procura ha dato incarico ad un perito di provarci. Nella speranza, un po’ vana, di trovare nel frattempo il suo telefono personale, buttato chissà dove la mattina di venerdì.

Chissà se tra quei file cancellati c’era qualcosa di compromettente, qualche segreto industriale, ad esempio, che per contratto lui non poteva rivelare, e che non avrebbe potuto più affrontare in nome della legge senza gradi e divisa.
E quanto quei presunti segreti possano aver influito sulla sua decisione di dimettersi, messo che lo abbia fatto davvero spontaneamente.

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