Gran Sasso e Mayak unite da interrogativi sulla questione matriale radioattivo. Lo spiegano dalla segreteria H20 Abruzzo pronti a informare sulla vicenda e a chiedere chiarezza.
“La nube radioattiva di Rutenio 106 che ha interessato l’Europa tra settembre ed ottobre e che sta facendo parlare tutta la stampa del mondo, con contorno di tensioni diplomatiche tra Russia e paesi occidentali che chiedevano informazioni, ha avuto una emissione radioattiva pari a 1/50 di quella della sorgente di Cerio144 dell’esperimento Sox”.
Dunque come fa sapere il movimento H20, questa sorgente che vogliono usare al Gran Sasso deve essere prodotta proprio dai russi nell’impianto del sito di Mayak negli Urali, noto ai più per il terzo incidente nucleare della storia, attorno al quale, a poche decine di miglia, l’agenzia meteorologica russa ha individuato i punti di maggiore contaminazione di Rutenio 106.
Giungono smentite nell’aria ma da H20 puntualizzano “constatiamo che gran parte dei commentatori sui maggiori media nazionali ed internazionali citano espressamente il sito di Mayak come probabile fonte di emissione. Primi a parlare sono i francesi, “i tecnici nucleari francesi, a fronte delle iniziali sdegnate smentite dalle autorità russe (Rosatom) sulla responsabilità della Russia come origine del problema, il 9 novembre hanno prodotto un rapporto”. Relazione che analizza in tre punti la questione e ossia: l’area di probabile emissione era da collocarsi probabilmente in Russia nell’area degli Urali; secondo punto:la quantità delle emissioni era tra 100 e 300 teraBecquerel, cioè tra 1/50 e 1/18 della potenzialità emissiva della sorgente di Cerio144 che vogliono usare nel Gran Sasso. Terzo, hanno evidenziato che la nube in Europea occidentale non ha posto problemi radiologici vista anche la sua dispersione su un’area vastissima ma hanno evidenziato che se il punto di emissione fosse stato in Francia avrebbero dovuto prendere provvedimenti di radioprotezione per la popolazione per diversi chilometri tutto attorno.
“Solo a questo punto – aggiungono- l’altro ieri l’agenzia meteorologica russa Roshydromet ha ammesso di aver riscontrato la contaminazione da Rutenio 106 in molti siti sul proprio territorio, con le quantità maggiori proprio nelle stazioni di monitoraggio a poche decine di miglia di distanza dall’impianto nucleare di Mayak”.
Il movimento punta il dito sull’incidente e sugli interrogativi, la reale portata delle potenzialità emissiva dell’esperimento Sox in caso di incidente e fuoriuscita del Cerio 144 dal cilindro di tungsteno rispetto al territorio italiano e all’Adriatico e la totale assenza di trasparenza da parte delle autorità che dovrebbero sorvegliare quanto accade a Mayak e in generale in Russia sul tema del nucleare. Questo aspetto non è secondario per Sox visto che molte certificazioni e la sorgente stessa sono prodotte proprio dai russi.
“Ci pare veramente incredibile che vi siano ancora dubbi sull’azzardo di condurre un esperimento del genere in un contesto così vulnerabile come il Gran Sasso e con queste premesse. Il nervosismo e le difficoltà viste ieri da parte delle autorità nel servizio andato in onda di Nadia Toffa nel programma Le Iene ne sono a nostro avviso testimonianza palese”.
Una vicenda che non può essere sottovalutata incalzano “visto il comportamento delle autorità russe con assenza di comunicazione per oltre un mese su questo incidente, ci chiediamo se sia anche solo immaginabile continuare come se nulla fosse anche per questioni attinenti i rapporti tra stati”.
Proprio su questo e per ottenere risposte sulla questione, venerdì 24 novembre mattina sisvolgerà con doppio appuntamento a Pescara e a Teramo una conferenza stampa dove H20 divulgherà con una “operazione trasparenza” che spiegano, ignota agli enti coinvolti, tutti i documenti progettuali di Sox che, annunciano ”presentano enormi criticità ed omissioni di dati e fatti”
Commenta per primo! "Materiale radioattivo, H20 nuova allerta su Gran Sasso"