Cavo sospeso, esposto in procura

E’ finita sul tavolo della procura della Repubblica di Sulmona la vicenda del cavo sospeso in via Vicenne che il mese scorso ha bloccato l’accesso al lavoro e ai servizi alla ditta Spica e ad una cava. Venerdì scorso, infatti, la Spica, tramite il suo legale, Luigino Di Cesare, ha presentato un esposto al terzo piano di Palazzo Capograssi, perché si venga a capo delle responsabilità di quell’incidente che nessuno, tra l’altro, si è preoccupato di risolvere.

Il cavo della Tim, nonostante la segnalazione dei vigili del fuoco e della polizia municipale, non è stato rimosso o spostato dall’azienda e solo dopo tre giorni, con un’autorizzazione verbale, è stato permesso ai “prigionieri” di provvedere autonomamente ad eliminare il pericolo e liberare la via di accesso.

Così è stato eretto alla buona con tavole e morsetti, una specie di pilone che è andato a sopperire ai due crollati che servivano la rete Tim e che cedendo avevano di fatto chiuso la strada.

Un pericolo annunciato e ignorato: il primo palo di sostegno era infatti crollato sei mesi fa e quando il mese scorso ha ceduto anche quella successivo. Il cavo della rete Tim ha raggiunto altezza uomo, impendendo il passaggio ai mezzi che dovevano recarsi sui siti produttivi.

“Abbiamo chiesto alla procura di verificare di chi siano le responsabilità – spiega l’avvocato Di Cesare – annunciando sin da ora di volerci eventualmente costituire parte civile contro chi ha di fatto omesso la manutenzione e la gestione della linea. Le due aziende coinvolte, e in particolare la Spica, hanno perso decine di migliaia di euro per quell’ostacolo che improvvisamente ha impedito di lavorare, senza che nessuno intervenisse a ripristinare le condizioni di sicurezza, neanche dopo le settantadue ore canoniche previste nei casi non urgenti. E questo era, tra l’altro, un caso urgente”.

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