Povertà, Cgil contro Santangelo: “Diecimila famiglie abruzzesi rimaste senza sussidi”

E’ un Abruzzo sempre più povero quello che emerge dai dati Inps riportati dalla Cgil Abruzzo-Molise. Dall’abolizione del Reddito di Cittadinanza (arrivata lo scorso anno) si è passati da 24.213 nuclei familiari (pari complessivamente a 45.857 persone), che nel 2023 hanno percepito almeno una mensilità di Rdc, a 12.516 nuclei percettori degli assegni di inclusione e 2.038 percettori di Supporto formazione lavoro. Un rapido calcolo porta ad avere, all’interno della regione, diecimila famiglie rimaste a bocca asciutta. Niente sussidi per quei nuclei a basso reddito che fino allo scorso anno potevano contare, quantomeno, sul RdC. I respingimenti dei sussidi nel 60% dei casi sono stati frutto del superamento dei requisiti reddituali che sono peggiorativi rispetto al reddito di cittadinanza.

“Di fronte ai risultati definiti ‘ottimi’ dall’assessore regionale con delega al sociale e alla formazione al lavoro Roberto Santangelo – si legge in una nota della Cgil, a firma di Carmine Ranieri, Federica Benedetti e Mirco D’Ignazio – non possiamo non esprimere alcune considerazioni. Da agosto 2023, data di entrata in vigore del Decreto lavoro che ha abolito il Reddito di cittadinanza (Rdc), la platea dei beneficiari di Assegno di inclusione (Adi) e Supporto formazione lavoro (Sfl) ha diminuito notevolmente i percettori aventi diritto lasciando in condizioni di assoluta povertà migliaia di persone”.

“In Abruzzo – prosegue la nota -, come indica anche il rapporto dell’Istat 2024 – evidenziano i sindacalisti – si registra non solo un peggioramento degli indicatori sulla povertà assoluta, ma anche una crescita dei lavoratori poveri che percepiscono un reddito assolutamente incapace di difendere le famiglie da un disagio economico che non consente loro di arrivare a fine mese”.

“Ma anche chi è riuscito ad accedere alle nuove prestazioni – proseguono Ranieri, Benedetti e D’Ignazio -ha vissuto e sta vivendo parecchie difficoltà. Indicazioni normative poco chiare, infatti, hanno generato problematiche, legate soprattutto dell’indennità SFL, che per i primi mesi ha paralizzato completamente l’erogazione del beneficio da parte dell’Inps lasciando intere famiglie in condizioni di totale indigenza. Vi si sono, inoltre, difficoltà burocratiche e informatiche che non consentono ancora oggi ti mettere in comunicazione attraverso il sistema SIISL i soggetti impegnati nella gestione degli aventi diritto, procedura che in moltissimi casi ha ostacolato i potenziali percettori spingendo molti ad abbandonare la richiesta di supporto”.

Il vero problema, secondo la Cgil, riguarda proprio gli obiettivi sulla formazione. Dopo un anno, a corsi mai partiti, sia per i percettori Sfl e oggi anche per Adi con un 2023 da considerare un anno perso con obiettivi sulla formazione praticamente a zero in cui le regioni hanno continuato ad incassare tranche del Pnrr che probabilmente dovranno restituire. A questo si aggiungono i corsi di formazione incrociati con gli ex percettori Rdc, Naspi e Dis-coll che non sono mai partiti e che nella migliore delle ipotesi sono stati avviati con un numero esiguo di partecipanti e con un’offerta formativa, come più volte denunciato, che non è stata rispondente alle esigenze produttive del territorio ma sempre e solo in virtù di numeri da fare.

“L’entusiasmo per i risultati raggiunti – conclude la nota – ci sembra che vada anche in controtendenza rispetto alle preoccupazioni della maggior parte delle regioni italiane sullo stato dell’arte per il raggiungimento degli ambiziosi target e soprattutto per il raggiungimento dei famosi Lep che avrebbero dovuto raggiungere uno standard nazionale ma che per l’ennesima volta mostrano un paese a più velocità. Inoltre non dimentichiamo che il Sfl ha una durata massima di 12 mesi, questo vuol dire che a breve i beneficiari già sottodimensionati rispetto alle aspettative dell’assessorato al lavoro si ritroveranno senza alcun reddito e con un’ennesima occasione mancata che non ha consentito l’erogazione di vere politiche attive e soprattutto della formazione. Sarà necessaria una proroga di almeno un anno sul programma Gol per poter raggiungere gli obiettivi che, ci sembra chiarissimo – concludono Ranieri, Benedetti e D’Ignazio – sono e saranno solo numeri, non azioni, non opportunità di lavoro, non miglioramento delle condizioni sociali ed economiche di tante famiglie”

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