L’Europa apre una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per il mancato rispetto delle norme sulla plastica monouso, e il Comune di Sulmona da plastic-free, diventa plastic-busy. Così almeno sembra a giudicare dagli arrivi e dalle partenze registrate nei distributori di palazzo San Francesco. Da qualche settimana, infatti, niente più borracce e bevute ecologiche nella sede municipale: sparito l’erogatore di acqua filtrata che era stato installato e tornati i distributori di bottigliette di plastica. A Palazzo nessuno sa dire veramente chi abbia deciso il passo del gambero, sta di fatto che anche le borracce che l’amministrazione aveva distribuito a giunta e consiglieri, ormai, non servono più. Cinquanta centesimi per levarsi la sete, ma non per lavarsi la coscienza: perché al di là del costo, il problema è soprattutto dell’esempio che si voleva dare. Della rivoluzione culturale che avrebbe dovuto impartire o almeno indirizzare la politica.
Non è chiaro, non lo hanno chiarito, neanche chi abbia dato l’ordine di smontare l’erogatore dell’acqua filtrata e di sostituirlo con un distributore di bottiglie di plastica, ma dalle voci di corridoio sembra che la “fontana del sindaco” non sia piaciuta molto. L’erogatore, si vocifera, sembra non erogasse l’acqua con sufficiente celerità e i dipendenti comunali, si sa, certo non possono perdere tempo per fare un sorso d’acqua, per di più, sempre secondo il vociare, sembra che la macchina restituisse un’acqua non troppo buona e causasse fuoriuscite che bagnavano il parquet danneggiandolo. Il contratto di manutenzione, certo, costava molto meno delle monete infilate per comprare acqua e plastica: 391 euro l’anno, compresi lavaggio dei filtri e macchinetta. Ma il conto da pagare non è tanto quello economico, ma ambientale. Che a togliere o almeno ridurre l’uso della plastica non ce la fa proprio né l’Italia, né Sulmona.
Dal distributore della Casa Comune a quello delle case private, d’altronde, non cambia molto: le casette dell’acqua, promesse due anni fa, sono ancora in attesa dei risultati dell’ennesimo bando dopo che la società che si era appaltato il primo, si è vista dare il diniego a posizionare le strutture lì dove il Comune le aveva previste. Errore di calcolo.
A proposito di transizione ecologica, passi da gambero si fanno anche nel campo energetico: ieri nella riunione-assemblea indetta per la creazione della Comunità energetica, il Comune ha ceduto lo scettro di capofila, sostanzialmente uscendo dalla cooperativa che si dovrà andare a creare. Complice, probabilmente, anche il fatto che la nuova normativa stabilisce, non con molta chiarezza a dire il vero, che gli impianti allacciati dopo il gennaio 2024 e comunque prima della costituzione della Comunità energetica non potranno entrare con certezza nel conto energia. La questione resta in forse, perché la normativa concede eccezioni nel caso si dimostri che l’installazione di un fotovoltaico prima della costituzione della Comunità energetica, sia stato fatto in vista della Comunità stessa. Cosa che metterebbe fuori i due impianti montati sulle scuole Serafini e Capograssi, che poi dovevano essere i più promettenti nella vita della Comunità, essendo produttori a “fondo perso” nel pomeriggio. L’ingresso di questi e degli altri impianti pubblici nel progetto, insomma, è tutto da verificare. Difficile da dimostrare, incerto da ottenere. E poi, soprattutto, servono soldi: 750mila euro per coprire i tetti dei locali pubblici – ha calcolato la EnGreen che ha fatto lo studio di fattibilità – per produrre 600 Kw, con un ricavo stimato di 145mila euro l’anno. Un investimento, a ben vedere, di cui, però, si dovranno far carico i soci dell’eventuale cooperativa, con il Comune comunque disposto a mettere a disposizione le superfici a sua disposizione. Sempre che nel frattempo non ci ripensi.
Ci sarà qualche lobbista che rema contro il non uso di plastica😅😅
Che non si sappia chi abbia deciso è quasi ridicolo come la protesta perché non erogava celermente l’acqua…
Tra le tante cose di cui l’Italia ha bisogno è:
1) responsabilizzare (penalizzando il proprio personale portafoglio) gli amministratori che non applicano o fanno applicare le direttive comunitarie. Se “l’Europa apre una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per il mancato rispetto delle norme sulla plastica monouso” significa che ad un certo livello (nazionale, regionale e/o locale) sono state disattese norme approvate a livello comunitario. Bene: che paghino i signori che dovevano far applicare tali norme, senza spalmarle, more solito, sul cittadino!
2) riservare l’applicazione di norme allo Stato Centrale in maniera uniforme, senza demandarle alla maggiore o minore sensibilità delle amministrazioni locali. Per esempio, rimanendo in tema: vi sono comuni virtuosi che rapidamente installano “casette dell’acqua” e altri che se ne fregano oppure (vedi proprio Sulmona) non sanno programmare l’intervento. E allora rimettiamo a un’autorità centrale la diffusione di tali strutture, comune per comune, secondo progetti che, in generale, dovrebbero essere conformi a dati parametri (p.es. popolazione, turismo.. ecc.)
Avete tolto Attilio D’Andrea l’unica persona che ha fatto tanto e che ha dato importanza anche alle piccole cose.
Sta cittàdella si merita i dinosari….
Come per le biciclette (pagate con fondi pubblici)? Che fine hanno fatto?