Una lunga militanza politica che gli è valsa un lungo elenco di incarichi: da quelli in Forza Italia, a quelli alla Fira, dal Parco Majella, al Ciapi, alla Comunità montana Sirentina. Sette anni (dal 2000 al 2007) di rimborsi e gettoni per un totale di quasi 140mila euro che Donato Di Cesare, dipendente dell’Agenzia delle Entrate, non avrebbe potuto ricevere. Non senza un’autorizzazione scritta del suo datore di lavoro.
Per questo la Corte dei Conti ha condannato Di Cesare, personaggio di rilievo della politica regionale, già consigliere comunale a Sulmona, al pagamento in favore dell’Agenzia delle Entrate di 41mila e 500 euro, ovvero a quanto percepito negli anni 2005 e 2006 dal Parco nazionale della Majella e dal Ciapi.
A Di Cesare sono stati in sostanza abbonati i soldi ricevuti prima del 2005 perché è stata riconosciuta la prescrizione, interrotta di fatto solo nel 2010 quando l’Agenzia delle Entrate gli ha contestato formalmente che gli incarichi che ricopriva non erano stati autorizzati dalla pubblica amministrazione e per questo, come da legge, non potevano essere oggetto di compenso, in qualsiasi forma (anche sotto forma di rimborso), senza versare all’Agenzia stessa la quota dovuta.
I giudici contabili hanno però riconosciuto la buona fede di Di Cesare che quei soldi li ha sempre dichiarati al fisco e non ha mai cercato di nascondere i suoi incarichi, tuttavia la Corte dei Conti, pur escludendo il dolo, ha ritenuto “la condotta connotata da colpa grave sotto il profilo di una inescusabile e marcata superficialità”, tanto più che “il soggetto – scrivono i giudici, in considerazione evidentemente anche del lavoro svolto da Di Cesare – aveva e doveva avere la piena conoscenza della materia e cognizione delle procedure”.
Ora l’ex coordinatore di Forza Italia, dovrà restituire all’Agenzia delle Entrate quanto “guadagnato” per la sua attività politico-amministrativa, con tanto di interessi, per un gruzzolo che andrà ad alimentare il fondo per la produttività e fondi equivalenti.
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