Dopo l’accorato appello lanciato il primo maggio scorso da Cocullo in occasione della Festa di San Domenico, il vescovo di Sulmona Valva monsignore Michele Fusco torna a far sentire la propria voce in difesa dei tanti luoghi sacri “che si deteriorano accrescendo danni in alcuni casi irreparabili”. Luoghi di aggregazione e di fede da salvare per essere restituiti al culto e alla frequentazione della comunità.
Come la chiesa di Santa Maria della Pace a Capestrano che, ricorda monsignore Michele Fusco, “attende di poter tornare al suo antico splendore” dopo la chiusura imposta dal “devastante e doloroso terremoto del 2009”. Uno splendore che “la parrocchiale” deve alla sua architettura barocca e al suo “spettante campanile con cuspide a cipolla” frutto dell’ampliamento di una chiesetta all’epoca situata fuori le mura e che “al suo interno racchiude tesori d’arte altissima e testimonianze di fede”. Motivo di attrazione turistica e vanto non solo per Capestrano ma per tutta la Val Tritana, la chiesa di Santa Maria della Pace è ancora chiusa in attesa delle autorizzazioni al progetto di ripristino. Un progetto curato dalla stessa diocesi che, davanti all’inerzia degli uffici competenti rischiava di perdere i 2 milioni 400 mila euro assegnati nel 2017 dal segretario regionale per i danni del terremoto del 2009; somma alla quale nel 2022 si sono aggiunti altri 2 milioni 599 mila euro assegnati dal Commissario per la ricostruzione a seguito dell’aggravarsi dei danni con il terremoto del 2016.
Eppure ancora ritardi, “incomprensibili intoppi” come li definisce monsignore Fusco che bloccano il progetto già autorizzato dal Genio Civile nel 2020 e oggi ancora in attesa del parere dopo essere stato aggiornato nell’agosto dello scorso anno.
“Cosa di aspetta?” si domanda Fusco sottolineando che sono decorsi i termini per il rilascio del parere da parte delle autorità competenti che continuano ad ignorare i “tanti casi che interessano cento e più chiese e luoghi sacri da salvare”. Per i quali il vescovo di Sulmona – Valva promette di “tornare a sollevare periodicamente la questione fino a quando la nostra voce e la legittima richiesta di tanti cittadini e amministratori non verrà esaudita” con la speranza che qualcuno “agirà di conseguenza, con celere e tangibile concretezza”.
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