Fa freddo tra le spesse mura della cantina, complice anche la perturbazione Atlantica di fine aprile venuta a ricordare il destino sospeso delle colture a queste quote, ma l’atmosfera è calda: impregnata dei colori e degli odori di quercia e rovere, con le foto d’epoca seppia e bianco-nero a testimoniare un luogo-rifugio, che rassicura e che ha garantito nel tempo operosità e benessere. Di generazione in generazione. La quinta, questa, che, dopo quasi due secoli di storia, da quando nel 1830 Alfonso Pietrantonj avviò l’attività, vede per la prima volta due donne alla guida.
Roberta (48 anni) e Alice (47) Pietrantonj lavorano da anni nella cantina di famiglia, ma da due anni, dopo la morte improvvisa di papà Nicola, sono loro a capo dell’impresa. E non è un lavoro facile, né leggero: “E’ e resta un’azienda a conduzione familiare – spiegano davanti al grande camino della sala degustazione – ci occupiamo di tutto: dalla campagna, alla vinificazione, dall’imbottigliamento, alla vendita. Questi poi sono giorni nei quali al lavoro fisico, si aggiunge l’ansia: le gelate di tarda primavera sono una minaccia per il raccolto che resta sempre un’incognita fino all’autunno”.
A Vittorito, città del vino, dove Pietrantonj ha la sua cantina da sempre, è così: “A queste quote la resa è bassa – spiega Alice che è un’agronoma – ma è anche molto caratteristica, con una qualità delle uve particolare e unica. Il Montepulciano d’Abruzzo, d’altronde, è nato qui, in Valle Peligna e non è un caso che ora si stiano riproducendo barbatelle con materiale vegetativo proveniente dai vigneti di Vittorito e Torre dei Passeri”.
Vigneti di montagna, abituati se si vuole alle sferzate dell’inverno, anche se i cambiamenti climatici, con eventi improvvisi e violenti, mettono a repentaglio coltivazioni che comunque restano fragili: “C’è una visione romantica che circola anche in questi giorni, quella che si possano salvare i raccolti accendendo balle di fieno tra i filari – aggiunge Alice – non è così, non per noi di certo che abbiamo vigneti molto parcellizzati e sarebbe impossibile, oltre che troppo costoso, pensare di difendersi dalle gelate. In questi giorni semplicemente preghiamo e confidiamo nella resistenza dei nostri vigneti. La viticoltura da queste parti è eroica”.
“Non bisogna neanche creare allarmismo però – aggiunge Roberta che laureata in Giurisprudenza si occupa più della parte amministrativa e commerciale – sennò finisce come l’anno scorso per la peronospora, che ha spaventato i clienti”.
I numeri, però, danno ragione a questa impresa: i 60 ettari di vigneti sparsi nelle campagne di Vittorito e Corfinio producono 400mila bottiglie l’anno. Otto tipologie di prodotti che vanno da quelli base Vicenne ed Etichetta Nera, ai più pregiati: Pecorino, Malvasia e soprattutto Cerano, che con la sua riserva Montepulciano e il suo Cerasuolo, ha ottenuto moltissimi premi e riconoscimenti internazionali. La filosofia è quella della tradizione su cui innestare l’innovazione: lo spumante Temè e il Passito, ultimo arrivato nella carta, in attesa che cresca la Passerina da poco messa a dimora. Un mercato non industriale, ma importante, che per il 40% occupa le tavole di clienti stranieri: Germania, Stati Uniti, Irlanda, Inghilterra, Francia e Hong-Kong, principalmente. Un fatturato da 1,4 milioni di euro che dà lavoro stabilmente a quindici famiglie (tutte di Vittorito e dintorni), oltre agli stagionali che variano a seconda dei bisogni. Tra i consulenti storici ci sono poi l’agronomo Romano D’Amario e l’enologo Nicola Dragani, che collaborano con Pietrantonj da trenta anni e con i quali Roberta e Alice hanno un rapporto di condivisione: “Sono figure importanti – spiegano – perché il prodotto non è solo il frutto di una scelta tecnica, ma coinvolge anche la filosofia aziendale. E noi viviamo questa missione anche con la responsabilità morale di rispettare la tradizione Pietrantonj che è una delle più antiche d’Abruzzo”.
Nicola, figlio di Alfonso, fu il primo enologo abruzzese nel 1893: suo figlio Italo (nonno di Roberta e Alice) fu tra i primi ad imbottigliare il vino e d’altronde basta farsi una passeggiata nelle cantine per respirare la storia annunciata dalle foto dei piani superiori. Dalla reception scendendo due rampe di scale spuntano sedici botti di noce e rovere enormi, costruite 140 anni fa dai bottai della zona, una delle quali, dalla capienza originaria da 360 ettolitri (oggi diventati 246 con la trasformazione interna in acciaio, resasi indispensabile per l’usura), è la più grande del Centro-Sud Italia. “Queste botti le abbiamo smontate dall’altra cantina dove c’è la cisterna in vetro di Murano del 1890 e le abbiamo rimontate qui a memoria e simbolo – spiegano le due sorelle – alcune le abbiamo rifunzionalizzate rivestendo l’interno in acciaio, altre sono rimaste come erano, ma piano piano le restaureremo tutte”.
Pietrantonj, d’altronde, non è solo una cantina che produce vini, ma un luogo selezionato nelle guide turistiche per il turismo esperenziale: “Organizziamo visite guidate per gruppi da 10/20 persone su prenotazione e a pagamento – raccontano – l’estate è un viavai di stranieri, ma anche di sommelier e addetti ai lavori. Ci avevano proposto di trasformare una parte della cantina – specie la cisterna di Murano che è unica – in un museo, ma abbiamo preferito evitare. E’ già abbastanza difficile seguire l’accoglienza per i tanti gruppi che vengono soprattutto l’estate e, anzi, stiamo cercando guide che siano capaci di presentare questo patrimonio storico ed enologico in modo adeguato. Non è facile, però, anche perché di solito siamo noi ad accompagnare i gruppi, perché raccontiamo la nostra storia e il nostro presente”.
I cicli della natura, d’altronde, non lasciano molto tempo: “Il lavoro c’è durante tutto l’anno, a partire dall’inverno che, anzi, è la parte più delicata – spiegano le sorelle Pietrantonj – quando cioè si devono fare le potature, poi la strecciatura, la legatura che dà forma al vigneto, quindi la trinciatura, la concimazione, fino a questi giorni che sono quelli della fioritura, quando si entra in apnea fino al momento del raccolto, nella speranza che il lavoro di un anno dia buoni frutti e da questi un buon vino”.
Questa settimana, dicono, dovrebbe tornare il caldo e il sole a baciare il Montepulciano d’Abruzzo e a scaldare la siesta dei gatti nel cortile Pietrantonj di Vittorito, qui dove il Montepulciano è nato e dove la storia si tramanda tra foto seppia e bianco-nero e grandi botti in rovere. Sperando in un buon raccolto e immaginando i profumi e i sapori della prossima vendemmia d’autunno alla quale brindare.
complimenti…e che tutto vada sempre il meglio…
Forza ragazze! Brave
Auguri per una ottima annata 2024,che eguagli e superi le precedenti ,che hanno deliziato gli estimatori dei vostri prodotti.
Ci vogliono storie di cottura e di degrado.