“Preoccupati per un possibile arretramento dello Stato rispetto a uno dei servizi essenziali che a nostro avviso devono continuare ad essere garantiti”. Così i rappresentanti sindacali di SLP, CISL, SLC e UIL Poste al termine dell’incontro con il presidente di Anci Abruzzo Gianguido D’Alberto sulla privatizzazione della seconda tranche di Poste Italiane.
Svoltosi ieri l’incontro è stato occasione di confronto per le sigle sindacali che hanno espresso forti preoccupazioni in merito alle possibili conseguenze che la cessione sul mercato della seconda trance di Poste potrebbe avere a livello occupazionale. A causa della futura chiusura di uffici e sportelli che metterebbero a rischio posti di lavoro “facendo venir meno quella presenza del servizio sul territorio che oggi rappresenta anche un presidio di tenuta del sistema sociale” come spiegano i sindacati.
Preoccupazioni di fronte alle quali il presidente dell’Anci Abruzzo promette il suo impegno nel “promuovere una cabina di coordinamento” con il nuovo governo regionale, le sigle sindacali, i parlamentari abruzzesi e tutte le istituzioni del territorio per avviare un confronto con il Governo per “la tutela di un patrimonio della collettività”. Così Gianguido D’Alberto definisce Poste Italiane che con i suoi servizi da sempre rappresenta “un presidio forte che può e deve aiutare il Paese”. Come ha dimostrato nel periodo della pandemia quando Poste ha sempre assicurato i servizi sul territorio “grazie all’abnegazione del proprio personale”; uomini e soprattutto donne che rappresentano il 65% del personale occupato e che rischiano di perdere il posto di lavoro per una operazione commerciale che i sindacati non esitano a definire anti economica.
Una cessione sul mercato delle quote che “determinerebbe un incasso di 3,8 miliardi di euro che lo Stato incasserebbe negli anni attraverso la redistribuzione dei dividendi” a fronte dei molteplici rischi e risvolti negativi a livello occupazionale. Un’ulteriore privatizzazione da scongiurare, proseguono i sindacati preoccupati per un’operazione compiuta solo “mirando al profitto” senza considerare l’importante ruolo che Poste Italiane svolge soprattutto nei piccoli centri. Quelli dove “spesso l’ufficio postale rappresenta, insieme alla caserma dei carabinieri, l’unico presidio istituzionale”, una conferma della presenza dello Stato sul territorio.
E proprio “per garantire diritti e servizi su tutto il territorio nazionale – aggiunge D’Alberto – noi di Anci abbiamo fatto un percorso insieme e nel confronto costante con le parti sociali”. Percorso che continuerà con l’obiettivo di accorciare le distanze, in linea con il PNRR e con il progetto Polis finanziato dallo stesso Piano di ripresa e resilienza. Ribadito dal presidente D’Alberto al termine dell’incontro l’impegno per una cabina di coordinamento che riesca a coinvolgere anche altre Anci regionali perché “sui servizi di prossimità sindaci, istituzioni e parti sociali devono lavorare insieme a tutela della collettività”.
E’ un servizio che funziona talmente male che in seguito alla privatizzazione al massimo i dipendenti forse impareranno a lavorare ed a stare dietro uno sportello aperto al pubblico