I gioielli di famiglia

In largo Palizze 1 non si entra per caso: il portone si apre solo a comando e perlopiù si suona al campanello dopo aver preso appuntamento. Quello di OfficineDuro non è un negozio come tanti altri e non solo perché dentro ci sono gemme preziose e oro. “Non è un’oreficeria – tengono a precisare Carlo e Simone Duro, padre e figlio – ma una gioielleria. Siamo gioiellieri”, aggiungono con orgoglio. Gioiellieri speciali, unici in Abruzzo e tra i pochi in Italia: perché bracciali, anelli, collier, prendono vita solo dopo essere pensati e progettati. Nelle due stanze divise in tre ambienti nel cuore del centro storico di Sulmona, non c’è molto da vedere, ma solo da sognare, da desiderare. I gioielli non esistono prima di averli immaginati.

“Lavoriamo solo su ordinazione – spiega Simone, 42 anni con una doppia laurea in ingegneria (industriale e meccanica) a Torino e un diploma da analista del diamante all’Istituto gemmologico italiano di Roma – la nostra caratteristica è quella cioè di fare gioielli su misura. E che per questo sono sempre pezzi unici”.

Ci si accomoda nell’ufficio davanti ad un computer con un sofisticato programma in 3D, dove l’idea prende forma: si scelgono le pietre, la base, il tipo d’oro e diamanti, la migliore incastonatura, la forma, la luce. “Ma il lavoro più importante viene fatto prima – spiega Simone – ed è nella conoscenza del cliente. Nel cercare di capire cosa vuole, quali sono i suoi gusti, quali i suoi sfizi o i motivi dell’acquisto. E’ un rapporto di empatia che è fondamentale per non sbagliare, per dare forma ai desideri”. Per questo, quando si entra, non è sicuro che si esca clienti: “E’ capitato più di una volta che ci siamo rifiutati di fare un lavoro”. Non che manchino nell’agenda dei clienti persone “bizzarre”: c’è chi ha voluto un bracciale da migliaia di euro con i nomi dei suoi gatti, chi un pene come auspicio di fertilità da regalare al marito. Non vanno molto nei particolari i Duro: “Siamo come preti qui – precisano – ne sentiamo tante di storie strane, ma restano tra queste mura. La discrezione e la fiducia sono qualità fondamentali in questo lavoro”. Un dato, però, è che dopo la pandemia hanno avuto molto da fare: “Il Covid ha scatenato crisi in molte famiglie – raccontano con un sorriso – e finita l’emergenza c’è chi si è dovuto far perdonare o mantenere una promessa fatta magari al termine di una lite dovuta alla convivenza forzata”.

La storia inizia lontano, nel 1968, quando Carlo Duro, maestro d’arte diplomatosi al Mazara, prende le valige e va in Australia. “Lì cominciai come garzone in un laboratorio – racconta – pulivo a terra, portavo i caffè”. Poi si mette in società con un inglese e apre il suo di laboratorio. Nel 1982, nato Simone, decide di tornare a Sulmona per godersi i figli, partecipando anche alla Scuola orafa sulmonese. Nel 2007, poi, Simone si laurea e decide che l’ingegnere non lo vuole fare, nonostante, uscito dal Politecnico, gli era stata assicurata una brillante carriera nel settore dell’automotive. “Non era per me – racconta – era un lavoro prestigioso e ben remunerato, ma era noioso. La vita senza creatività è triste ed io decisi che volevo investire il mio futuro qui, dove sono cresciuto. Su questi banchi, mentre papà lavorava con il bulino, ho trascorso interi pomeriggi a studiare sui libri e quello che faceva. E poi Sulmona è un bel posto dove vivere: sicuro e a misura d’uomo e in questo lavoro la tranquillità e l’assenza di criminalità è importante, migliora la qualità della vita”. Nel 2010 Simone entra in società con il padre: oggi lavorano fianco a fianco, anche se solo a guardare le rispettive postazioni si comprende l’evoluzione di questo artigianato. Carlo ancora con la lente e il bulino a mano – una collezione che si è portato dietro dall’Australia -, Simone con un modernissimo microscopio e un bulino pneumatico fatto arrivare direttamente dall’America: “Alla base però – confermano entrambi – c’è sempre la manualità: per quanto il computer aiuti nella fase di progettazione e gli strumenti nella fase di lavorazione, il lavoro del gioiellerie resta principalmente un lavoro di artigianato che si basa sulla manualità e bisogna esserci anche portati”.

I clienti vengono da tutta Italia e alcuni anche da Oltralpe: “Facciamo anche incoming turistico in un certo senso – raccontano – perché proprio per la particolarità delle commesse e dei committenti, i nostri clienti vengono qui almeno due volte: quando progettano e ordinano e quando vengono a ritirare il gioiello. Spesso ne approfittano per stare in zona qualche giorno, fare un giro turistico. E noi, ovviamente, facciamo accoglienza”.

Un rapporto viso a viso: niente pubblicità sui social, niente vendita online, niente vendita neanche a terzi o riparazioni. “La nostra è una politica forse controcorrente, ma è una scelta precisa – aggiunge Simone – il passaparola, per il tipo di clientela che abbiamo, è la migliore promozione possibile e ovviamente è una buona promozione solo se chi esce da qui con un gioiello, esce contento e soddisfatto”.

La felicità si misura dai sorrisi e dalla luce delle pietre, si gioca su centesimi di millimetro scavati in materiali preziosi dove l’errore può costare molto, anche e soprattutto in termini di materia prima. “I primi due anni mio padre non mi faceva toccare nulla – ricorda Simone – fino a quando ho deciso io di rischiare e ho cominciato ad ottenere i primi risultati anche in termini di vendite”.

Oggi si sfidano a chi fa meglio uno stesso pezzo: che sia con un bulino a mano o pneumatico. Comunque un gioiello.

5 Commenti su "I gioielli di famiglia"

  1. Gianluca Lavalle | 1 Marzo 2024 at 05:02 | Rispondi

    Nel complimentarmi con i gioiellieri Duro, e con la Redazione che continua a descriverci il bello che c’è qui, riporto una frase che mi ha colpito: “…Sulmona è un bel posto dove vivere: sicuro e a misura d’uomo e in questo lavoro la tranquillità e l’assenza di criminalità è importante, migliora la qualità della vita”.
    E pare poco ? Quanti sono i posti così ? I cosiddetti “paradisi” (le “grandi città” per alcuni, anche solo Pescara per altri: basta che non sia qui !!!) sono davvero tali ?
    Ecco: sarebbe meraviglioso se tutti i sulmonesi, specie chi è andato via magari solo per scelta e non per reale necessità, capissero il valore inestimabile di questa affermazione apparentemente banale, sulla quale, invece, si gioca il futuro di tutta la nostra comunità.
    Chi vive qui, certo, l’ha capito da un pezzo…

    • Mi sono servito da loro con soddisfazione, notando la grande professionalità e competenza del loro lavoro.

      Si va via per necessità, solo per necessità… pochissime volte per scelta o per un amore lontano… ma dentro al cuore e negli occhi ci portiamo sempre il corollario delle nostre splendide montagne, dei nostri boschi, dei nostri altipiani… delle nostre antichissime pietre della nostra storia… le nostre tradizioni.
      È la mancanza di lavoro che ci sta “ uccidendo”… peccato che pochi l’hanno capito e soprattutto che a nessuno freghi nulla.
      Specialmente ai parolieri della politica… buoni solo a cercare fondi per opere inutili e che riempiono di soldi solo le loro saccocce e poche altre tasche “ amichettali”.
      Sulmona e la Valle dei Peligni hanno avuto una crescita esponenziale quando nella politica c’erano persone avvedute e lungimiranti.
      Dopo di loro solo gli “ arraffa arraffa” dall’appetito insaziabile, hanno creato un fuggi fuggi generale e quindi il diluvio e il declino inesorabile e mortifero di questa Valle.
      E ancora una volta, e da trent’anni ormai, non andrò a votare.
      Decenni di chiacchiere, chiacchiere e solo chiacchiere, e nient’altro che chiacchiere.
      Ma non vi siete stufati di starli a sentire?

  2. Complimenti al germe che con questa rubrica ci fa’ conoscere queste belle storie.
    Padre e figlio poi sono stupendi.
    Simone ha fatto benissimo a fare questa scelta (Fa’ quello che Ami e non lavorerai un giorno nella tua vita) si vede AMORE per il PADRE e Per la sua Terra. Bravissimo Simone

  3. Complimenti al Germe per il servizio e naturalmente ai protagonisti per aver creduto e per credere, nonostante tutto, alla nostra bella Sulmona.

  4. beatrice ricottilli | 1 Marzo 2024 at 12:23 | Rispondi

    Spesso e volentieri “il germe”diventa seme e spiga e pane. Così leggere un “pezzo” così bello, specialmente quando la giornata si deve ancora tutta srotolare, è un toccasana. Conosco Carlo da quando eravamo bambini insieme e niente posso aggiungere se non, per citare Ovidio, il suo lavoro ha lasciato campi fecondi. Ringrazio la redazione tutta de Il Germe perchè con la ricerca e con la narrazione lascia emergere i fatti, cioè la realtà. La realtà bella di Sulmona fatta di donne e uomini semplici, capaci e generosi per la cui “la felicità si misura dal sorriso e dalla luce delle gemme”. Coplimenti. Beatrice

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